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Benedetto XVI l'ha cominciata nel 2012, in occasione dell’Anno della Fede da lui istituito. 
Dopo le dimissioni, ha consegnato gli appunti estesi di quella che diventerà l'enciclica Lumen Fidei al suo successore.  
Ad appena quattro mesi dalla salita al soglio petrino, Francesco l'ha terminata.
Lumen Fidei, “La luce della fede”, è la prima enciclica scritta da due pontefici. Con Deus caritas est (gennaio 2006) e Spe salvi (novembre 2007) completa la trilogia di encicliche dedicate alle virtù teologali (carità, speranza, fede).
Lumen Fidei si compone di un’introduzione, quattro capitoli e una conclusione. 
L’introduzione illustra il senso dell’enciclica: la fede è la luce che illumina l’esistenza. Che ne indica la direzione. Che permette di distinguere tra bene e male in un contesto dove la distinzione appare sempre più sfumata. E sostiene il sapere autentico, che sta sotto alla superficie e a una ragione che da sola non basta. La fede non è un’illusione né un azzardo, ma la capacità di guardare con occhi nuovi e sperimentare la pienezza dell’esistenza: “Chi crede”, scrive il Santo Padre, “vede”.

 

Il primo capitolo dell'Enciclica Lumen Fidei (“Abbiamo creduto all’amore”) ripercorre la storia della fede dalla “chiamata” di Abramo (che esce dal suo “io egotico" per aprirsi a una vita “nuova”, segnata dalla speranza) e del popolo di Israele per arrivare alla Risurrezione e alla diffusione della Chiesa.
Il secondo (“Se non crederete, non comprenderete”) tratta il rapporto (stretto, essenziale) tra fede e ragione: “La fede senza verità non salva. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità”. Al di là della verità misurabile e quantificabile o di quella personale, costruita su misura di se stessi, ne esiste una più profonda, una “verità grande”: quella di Dio.  
Il terzo (“Vi trasmetto quello che ho ricevuto”) affronta il ruolo della Chiesa, e dei cristiani, nella diffusione della fede. Sottolinea l’importanza, e per certi versi l’ineluttabilità, dell’evangelizzazione: chi si è aperto all’amore di Dio non può tenerlo per sé. Anche perché la sua luce gli illumina il volto e si diffonde come una fiamma. “Chi crede”, dice il pontefice, “non è mai solo”. Sperimenta l’amore. Partecipa dei Sacramenti. Forma una Comunità viva e feconda.  
Il quarto capitolo della Lumen Fidei (“Dio prepara per loro una città”) prende in considerazione il ruolo della fede e la sua funzione propositiva nella costituzione di una società che mira al bene comune. La fede non porta al disimpegno, al contrario: senza l’amore di Dio, i rapporti umani (da quelli matrimoniali a quelli politici) sarebbero fondati sull’interesse, l’utile o la paura. La fede ne coglie il fondamento ultimo e la destinazione finale. E “ci aiuta a edificare le nostre società, in modo che camminino verso un futuro di speranza”.  
La fede, celebrata nella preghiera finale alla Madonna, è ciò che dà senso e significato alla nostra esistenza. Senza, restiamo al buio.