"La violenza è sconfitta dall'amore"
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No, non ci abbiamo ancora fatto l’abitudine. E, sì, ogni volta che ci pensiamo, assistiamo a un servizio o leggiamo un articolo proviamo un brivido e un moto di stizza e indignazione.
Fatto sta che “sharia”, “Isis” e “califfato” sono diventati termini famigliari, parte del nostro vocabolario esistenziale. E che sembra sia passato un secolo dallo sbocciare delle “primavere arabe”, quando pensavamo che la scintilla esplosa in Tunisia potesse illuminare un mondo nuovo, più libero e umano.
Invece?
Invece, se possibile, il mondo è diventato un posto peggiore.
Basta pensare a quello che resta di Iraq e Siria, a quello che sta accadendo il Libia e Nigeria, e a quello che è accaduto a Parigi e a Beirut…
L’orrore è diventato possibile, anzi probabile.
Ci impegniamo a vivere come se niente fosse, ma un ronzio suona senza sosta nella nostra testa. La paura si è insinuata dentro di noi e ha preso sempre più spazio: per quanto ci illudiamo, mentiamo a noi stessi o tentiamo di razionalizzarla, permane. Ci guardiamo attorno con sospetto, ci aspettiamo il peggio. E, in questo modo, ci allontaniamo dalla vita, tradiamo il nostro dono.
Bisogna cambiare prospettiva, mutare atteggiamento. Che non significa diventare aggressivi o superficiali, ma avere la coerenza, il coraggio e la gioia di testimoniare i propri principi, la propria fede.
“Ecco”, dice Cristo rivolto ai suoi discepoli, “io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe . Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani” (Mt 10,16-18). Ma, conclude, “chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”.
Perché, dice papa Francesco commentando il brano, “nelle prove accettate a causa della fede, la violenza è sconfitta dall’amore, la morte dalla vita. E per accogliere veramente Gesù nella nostra esistenza […] la strada è quella indicata da questo Vangelo, cioè dare testimonianza a Gesù nell’umiltà, nel servizio silenzioso, senza paura di andare controcorrente e di pagare di persona". Perché è vero, il cammino verso Gesù comporta prove e croci, ma, alla fine, “ci porta alla felicità: Gesù non ci inganna, ci ha promesso la felicità e ce la darà se andiamo sulle sue strade”.
Anche per questi motivi il Giubileo della Misericordia è quanto mai necessario. Misericordia da opporre all'odio, accoglienza da opporre all'ostilità...una Chiesa che ospita, accoglie e dialoga potrebbe essere la risposta.
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