San Paolo Store

La "Terza Guerra Mondiale"

vota, segnala o condividi

Una lettera.
Un simbolo.
Un terribile ricordo, che evoca la stella di David imposta agli ebrei durante il nazifascismo. E un presentimento orribile, che giorno dopo giorno sta diventando realtà.
Si tratta di una mezzaluna sormontata da un piccolo cerchio e indica “nun”, la quattordicesima lettera dell’alfabeto arabo nonché l’iniziale di “nasara”, “nazareno”, termine con cui il Corano indica i cristiani. E con il quale gli jihadisti dell’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, marchiano le case dei miscredenti a Mosul, seconda città irachena dopo Baghdad, e in altre aree del Paese.
Una traccia del loro progetto sanguinario. Che implica un’interpretazione ultra-radicale della sharia (la legge islamica) e la negazione di ogni libertà individuale, puntando alla fondazione di un Califfato, nel quale non c’è posto per gli infedeli. Che siano cristiani, sciiti o yazidi di tradizione curda non conta: o si convertono all’Islam di matrice sunnita o restano nelle loro case pagando la jiziya, la “tassa di protezione”, oppure, semplicemente, se ne vanno, lasciandosi alle spalle le loro terre (sempre che non siano già state confiscate) e i loro luoghi di culto (sempre che non siano già stati abbattuti), la loro storia e parte della loro identità. E chi non si arrende, chi non rinnega la sua fede, paga un prezzo ancora peggiore, con le testimonianze che parlano di esecuzioni sommarie, amputazioni, crocifissioni, abusi sulle donne e arruolamenti forzati di bambini.

 

I guerriglieri vestiti di nero riprendono il progetto di Al Qaeda e lo rendono più “ambizioso”, farneticando di un Stato islamico che si estenda dal Medio Oriente al nord Africa e, “se Iddio lo vorrà”, dice Abu Bakr al Baghdadi, l’auto-proclamato Califfo, “conquisteremo Roma e il mondo intero”. 
Dio, già: come se c’entrasse qualcosa…
Come se una religione, una qualsiasi religione, potesse predicare odio e violenza…
Come se la violenza non fosse di per sé contraria all’idea stessa di religione, che è amore, carità e misericordia. O se il Corano fosse il tabellone del Risiko, un'improvvisata dichiarazione di guerra, e non l’espressione più alta e profonda di un popolo e di una tradizione…
Che i terroristi si sentano ispirati dalla fede è un conto. Che la fede gli ispiri è tutt’altra cosa: in Iraq, dove peraltro musulmani e cristiani hanno convissuto per secoli, “non si tratta assolutamente di uno scontro tra Islam e Cristianesimo. Anche perché”, dice monsignor Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, “all’interno dell’Islam ci sono persone, credo la maggioranza, che rifiutano metodi così brutali e anti-umani”.

 

Non è un caso che l’Isis nasca nel 2004, in seguito all’intervento militare concepito dall’amministrazione Bush: l’impressione è che si debba abbandonare il tema suggestivo dello “scontro tra civiltà” (che torna ciclicamente e ciclicamente lascia macerie) e concentrarsi sulla realtà nella sua nuda e cruda concretezza: “Dove c’è un’aggressione ingiusta”, dice papa Francesco, “è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo ‘fermare’, non dico bombardare, fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si può fermare dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo avere memoria, pure: quante volte, sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una bella guerra di conquista? Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto. Dopo la Seconda guerra mondiale, sono state create le Nazioni Unite, là si deve decidere: c’è un aggressore ingiusto, come lo fermiamo? Soltanto questo, niente di più”.
Perciò mettiamo da parte la “guerra santa” e le “crociate”, e affrontiamo il mondo per quello che è, e nello stato in cui si trova, che, per Francesco, è la “Terza guerra mondiale” ma “fatta a pezzi, a capitoli.” Mettiamo da parte la rabbia, la delusione, la paura e il risentimento, che alimentano le guerre in Libia, Palestina e via dicendo, e diamo il nostro contributo, pregando “per la fine della violenza insensata e per un’alba di pace e riconciliazione tra tutti i membri della famiglia umana”, perché, dice Bergoglio, “Cristo sulla croce ci insegna ad amare anche quelli che non ci amano.”