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La Persecuzione dei Cristiani oggi nel mondo

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Kenya, 1 luglio 2012: decine e decine di fedeli vengono feriti e uccisi nel corso di un duplice attentato.
È l’ennesimo attacco alle comunità cristiane presenti nel continente africano; è un caso esemplare di ciò che accade in varie parti del pianeta; è l’espressione di un fenomeno antico, che giorno dopo giorno ha preso vigore: la persecuzione dei cristiani nel mondo non è una novità, ma in questi ultimi anni si è fatta più incalzante, frequente e violenta.
Si pensi all’Iraq: i cristiani sono costretti ad abbandonare terre che abitano da anni; terre che hanno partecipato a costruire e sviluppare, alle quali sono legati, nelle quali hanno convissuto in modo pacifico con le altre comunità. Lo stesso accade in Africa, in Medio Oriente, in Asia: i fedeli e i luoghi di culto sono sotto attacco, la libera pratica religiosa fortemente condizionata; le istanze spirituali vengono sporcate dallo scontro politico, sociale e militare.
È così: le motivazioni si confondono, gli interessi politici si mescolano e sfruttano le emergenze economiche e demografiche, e viceversa. La povertà e la mancanza di cultura fanno il resto. 

 

La Prospettiva: Libertà Religiosa, Via per la Pace

C’è bisogno di un “intervento concreto”, dice il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, prima che la violenza degeneri e “si allarghi, causando rappresaglie e alimentando tensioni ai danni non solo dei cristiani, ma di tutta una numerosissima popolazione, desiderosa di convivenza pacifica”.
Bisogna intervenire per motivi morali, perché, dice il Santo Padre, “nella libertà religiosa, trova espressione la specificità della persona umana, che per essa può ordinare la propria vita personale e sociale a Dio, alla cui luce si comprendono pienamente l’identità, il senso e il fine della persona”.
Bisogna farlo per motivi etici, perché tutti gli uomini hanno diritto di perseguire la propria spiritualità, di ascoltare la scintilla divina dalla quale sono abitati; e lo Stato non può negare l’individualità, né penetrare l’ambito della spiritualità.
E bisogna farlo per motivi “pratici”, forse più banali ma ugualmente urgenti: gli Stati percorsi dal fondamentalismo rischiano la frantumazione, la perdita della laicità (in Nigeria, ad esempio, il gruppo fondamentalista Boko Haram, letteralmente “la cultura occidentale è peccato”, si presenta come sorta di contro-stato, che predica la sharia – la legge islamica – e si compone di molti reduci qaedisti scacciati dal Maghreb) e lo scoppio di una drammatica guerra civile.
La limitazione della libertà religiosa, dice Benedetto XVI, "costituisce un’offesa a Dio e alla dignità umana; inoltre, è una minaccia alla sicurezza e alla pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale".
Per questo bisogna intervenire. E bisogna farlo al più presto.


Ps.
È di poche ore fa la notizia seconda la quale i fondamentalisti hanno distrutto l'entrata dell'antica moschea di Sidi Yahya, a Timbuctù, risalente al XV secolo. Con la mente torniamo alla distruzione dei Buddha giganti di Bamiyan, uno dei reperti archeologici più importanti dell'Afghanistan, e del mondo, a opera dei talebani. E ci invade una grande tristezza. Ogni commento è inutile.