La Legge. La Scienza. La Vita
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Nel 2006, in seguito alla nascita della loro prima figlia, Walter Pavan e Rosetta Costa scoprono di essere portatori sani di fibrosi cistica, una malattia genetica molto grave
Nel 2010 affrontano una nuova gravidanza. Tuttavia, a causa della diagnosi prenatale, che certifica la positività del feto, non la portano a termine. Decidono di abortire.
È in questa occasione che comincia la loro battaglia: vogliono un figlio, ma vogliono che sia sano; e sono consapevoli che esiste il 25% di probabilità che sia affetto da fibrosi, una possibilità su quattro.
Pavan e Costa non sono sterili, tuttavia decidono di ricorrere alla fecondazione artificiale e alla diagnosi pre-impianto: vogliono selezionare gli embrioni sani, scartare quelli “malati. Vogliono la certezza che il bambino sia sano.
La legge italiana lo vieta. La legge 40 del 2004, in particolare, limita l’accesso alla fecondazione assistita alle coppie sterili e proibisce la selezione embrionale.
La coppia fa ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Sostiene che la legge 40 violi il suo “diritto alla vita privata e familiare”, che li discrimini rispetto alle coppie sterili e a quelle in cui l’uomo ha una malattia trasmissibile (come l'Aids e l'epatite B e C).
La Corte Europea accoglie il ricorso. Stabilisce che non si può proibire alle coppie fertili affette o portatrici di malattia genetica di ricorrere alla procreazione assistita e alla diagnosi pre-impianto.
È storia di questi giorni.
È storia che colpisce le coscienze, che apre a un universo di domande: quando cominceremo a considerare che alcune persone abbiano meno valore di altre? Quali saranno le discriminanti? Fisiche? Sociali? Economiche? Chi deciderà chi fa parte dei “sani” e chi dei malati? Chi potrà arrogarsi il diritto di decidere cos’è una “vita normale”? Quando la scienza si slegherà da ogni implicazione etica?
Domande da fare tremare i polsi. Che riportano alla mente le parole di Giovanni Paolo II (Lett. enc. Evangelium vitae, n. 63): la diagnosi pre-impiantatoria è espressione di quella mentalità eugenetica «che accetta l’aborto selettivo, per impedire la nascita di bambini affetti da vari tipi di anomalie. Una simile mentalità è lesiva della dignità umana e quanto mai riprovevole, perché pretende di misurare il valore di una vita umana soltanto secondo parametri di normalità e di benessere fisico, aprendo così la strada alla legittimazione anche dell’infanticidio e dell’eutanasia».
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