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L'ostensione della Sindone

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La Sindone è un lenzuolo di lino, lungo 441 centimetri e largo 113, sul quale è impressa l’immagine di un uomo morto in seguito a una serie di violenze culminate con la crocifissione. Secondo la tradizione, si tratta del sudario citato nei Vangeli, che avrebbe accolto il corpo di Cristo nel sepolcro. Usiamo il condizionale perché, come riporta il sito della Diocesi di Torino, “questa tradizione, anche se ha trovato numerosi riscontri dalle indagini scientifiche, non può ancora dirsi definitivamente provata.”
La “veridicità”, in questo senso, conta fino a un certo punto: “La nostra fede non si fonda sulla Sindone”, dice il cardinale Poletto in occasione dell’ostensione del 2010, “ma sul Vangelo e sui testimoni diretti, cioè sugli apostoli […]. Aggiungo però che la Sindone aiuta la fede”. Non è un caso che Giovanni Paolo II l’abbia definita “specchio del Vangelo”: quell’immagine misteriosa  mette in secondo piano la speculazione intellettuale e l’evidenza scientifica, e ricorda la croce salvifica di Gesù, “fascio di luce sull’oscurità misteriosa delle sofferenze”, dice Poletto, “di fronte alle quali restiamo muti, disorientati.”
Il Sacro lino, conservato nella Cattedrale di Torino dal 2000, è sopravvissuto a epoche e peripezie di ogni tipo, su tutte lo spaventoso incendio che nel 1532 investì la Sainte Chapelle del castello di Chambéry, dove era custodito: forato in vari punti dal metallo fuso del reliquario, fu restaurato con toppe triangolari, sostenute da una fodera in lino (detta “tela d’Olanda”) dalle clarisse di Chambéry.

 

L’ostensione della Sindone (dal 19 aprile al 24 giugno presso la cattedrale di San Giovanni Battista) rappresenta un messaggio di speranza che, dice papa Francesco (che la venererà il 21 giugno), "non cerca i nostri occhi, ma il nostro cuore" e parla ai malati, ai poveri, agli immigrati… a coloro che abitano le “periferie dell'esistenza”: “Quel volto dell’Uomo dei dolori che è poi il volto di ogni uomo sulla terra e le sue sofferenze, la sua morte, ci parlano di amore e di dono, di grazia e di perdono”, dice monsignor Nosiglia, arcivescovo e custode pontificio. “Tutto nella Sindone parla di dolore e ad un tempo di speranza. Chi sa contemplarla con fede riceve forza e vigore per vincere ogni male e difficoltà: quel sangue che si vede ancora così chiaramente presente sul Telo è portatore non di morte ma di vita perché è attraverso quel sangue del Cristo Signore che tutti riceviamo vita su vita piena e definitiva".