L'elezione del nuovo Pontefice
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Sia chiaro, in questi giorni così importanti, densi di attese ed emozioni, non ci lasciamo trascinare in quello che sembra essere lo sport del momento (elezioni politiche a parte). Detto terra a terra: non partecipiamo al “toto-papa”. Crediamo che non ci sia niente di più stupido e superficiale.
Lasciamo che siano i Cardinali elettori, illuminati dallo Spirito Santo, a occuparsi di una materia che va ben al di là delle chiacchiere e delle passioni umane.
Tuttavia non siamo fuori dal mondo. Oltre a coinvolgerci, l’argomento ci interessa. E, ammettiamolo, incuriosisce.
Ciò che proponiamo non è un'improbabile lista di papabili, ma uno sguardo di sorvolo su coloro che eserciteranno un ruolo importante nel corso dell’elezione del 266° successore di Pietro, vuoi per l’autorità, vuoi per l’incarico, vuoi per i punti di vista che rappresentano.
Non possiamo non partire dal cardinale Tarcisio Bertone, salesiano e segretario di Stato Vaticano. È una figura vicina a Joseph Ratzinger, che, dopo averlo avuto come segretario nella Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui era prefetto, lo nomina “primo ministro” della Santa Sede (2006) e Camerlengo di Santa Romana Chiesa (2007). Questo incarico, che gli impone di reggere la sede vacante nell’interludio tra il pontificato di Benedetto XVI e l’elezione del nuovo Papa, unito alla profonda conoscenza della curia romana, lo rende uno dei protagonisti del prossimo Conclave.
Angelo Scola, patriarca di Venezia dal 2002 al 2011 e attuale arcivescovo di Milano, la più grande arcidiocesi del mondo, è un teologo sottile e appassionato. Vicino all’insegnamento di don Giussani, ha collaborato alla nascita di Communio, la rivista conciliare fondata e animata da Joseph Ratzinger, al quale è profondamente legato, Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e Jean-Luc Marion. È un osservatore attento della modernità, con la quale non ha paura di confrontarsi. A Scola si deve la nozione di “meticciato” e la sua rivalutazione culturale.
A proposito di Milano, non si può non pensare a Dionigi Tettamanzi, che di Scola è stato predecessore. Arcivescovo di Genova dal 1995 al 2002, ha guidato la diocesi ambrosiana in continuità con chi lo aveva anticipato, il cardinale Carlo Maria Martini. I milanesi lo ricordano come un pastore generoso e accogliente, vicino agli ultimi e attento ai valori della solidarietà e della tolleranza.
Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha un carattere profondo e rigoroso. Il suo incarico lo spinge a un confronto quotidiano con la realtà italiana, nella quale si batte per affermare i “principi irrinunciabili”, che enuncia con chiarezza nei momenti pur difficili che l’Italia sta attraversando.
Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (il “ministero della cultura” vaticano) e animatore di diverse iniziative, tra cui il Cortile dei Gentili, è un uomo dotato di grande sapienza, oltre che di una profonda spiritualità (non a caso Benedetto XVI gli ha affidato la predicazione degli Esercizi spirituali nel periodo quaresimale). Teologo e biblista, sa parlare a tutti, dall’erudito al uomo della strada, e utilizza i diversi media (riviste, televisione, internet), senza sminuire il messaggio di cui si fa portatore.
L’ultimo italiano di questa nostra lista, che, ribadiamo, va presa con le molle, come uno sguardo di sorvolo, è il cardinale Angelo Sodano. Segretario di Stato Vaticano con Giovanni Paolo II, è il decano del Collegio Cardinalizio, ovvero il presidente del Collegio dei cardinali: ha il compito di convocare e gestire le Congregazioni generali e il Conclave.
Poi ci sono gli stranieri.
Timothy Dolan, l’arcivescovo di New York, è un uomo forte e carismatico, con i piedi ben piantati per terra. Vive il presente e lo affronta con il pragmatismo e il decisionismo tipico della tradizione statunitense. Ha combattuto la piaga della pedofilia senza scendere a compromessi e ha saputo porsi come interlocutore privilegiato in una delle diocesi più attive e complesse del Pianeta.
Un altro esponente di spicco della Chiesa nordamericana è l’arcivescovo di Boston, Sean O’Malley. Cappuccino con un passato da missionario nelle Isole Vergini, come Dolan, ha fronteggiato lo scandalo pedofilia con coraggio e onestà, arrivando a vendere l’episcopio per risarcire le vittime. È stato il primo cardinale ad aprire un blog (e, quindi, a confrontarsi quotidianamente con la comunità dei fedeli) e nemmeno da vescovo ha rinunciato all’abito dell’Ordine.
Nominato arcivescovo del Québec da Giovanni Paolo II, Marc Ouellet è prefetto della Congregazione per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. È molto vicino a Ratzinger e persegue la sua politica di rinnovamento. Conosce i meccanismi curiali e parla sei lingue (francese, inglese, spagnolo, portoghese, italiano e tedesco).
Il brasiliano di origine tedesca, Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo, è la voce della Chiesa sudamericana, una delle più popolose e vitali del Pianeta. La sua attività pastorale, in una terra in continua e caotica evoluzione, caratterizzata da sacche di grande povertà e dalla diffusione di sette evangeliche, si rivolge ai giovani, alla difesa della vita e alla riaffermazione della centralità della famiglia nella società.
Peter Turkson è il primo cardinale della sua terra, il Ghana. Dopo essere stato presidente della Conferenza episcopale del suo paese, Benedetto XVI lo ha nominato presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (che, secondo la Costituzione apostolica Pastor Bonus del 1988, “mira a far sì che nel mondo siano promosse la giustizia e la pace secondo il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa”). Parla dell’Africa. E, facendolo, parla di un continente chiave (per il cattolicesimo e il mondo in generale).
Diventato cardinale nel 2012, tra la commozione, il filippino Luis Tagle ha un grande carisma, è aperto alla modernità e conosce i media. Giovane e sorridente, occupa un posto chiave nel dielicato rapporto con la Cina.
Esponenti della Chiesa europea, sono il cardinale Peter Erdo e Christoph Schönborn. Il primo, arcivescovo di Budapest e presidente della Conferenza episcopale d’Europa, conosce la Chiesa Ortodossa ed è capace di grandi mediazioni. Il secondo è l’arcivescovo di Vienna, domenicano ed ex allievo di Ratzinger, al quale lo lega la militanza in Communio.
Va bene, ci fermiamo qui. Ovvio, ci sono altre personalità di spicco (il congolese Pasinya, il francese Tauran, l’argentino Sandri, l’indiano Gracias, arcivescovo di Mumbai) ma non ha senso andare avanti. Pare persino poco rispettoso.
Lunedì 4 febbraio i membri del Collegio cardinalizio, elettori e non, si riuniscono nell’aula del Sinodo, in Vaticano, per la prima Congregazione generale. Cominciano a confrontarsi sul profilo del nuovo Pontefice e sulle sfide cui la Chiesa è chiamata. Una volta che tutti i Cardinali elettori raggiungeranno la Santa Sede, verrà convocato il Conclave. E, a quel, punto, non ci resterà che fare silenzio.
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