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"Incontriamo Gesù": orientamenti per la catechesi

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“Incontriamo Gesù” nasce in seguito a una lunga e appassionata meditazione che ha coinvolto vescovi, parroci, catechisti ed educatori, che, per formazione, vocazione o “semplice” esperienza, conoscono e praticano la catechesi sul campo.
Si tratta di un testo importante, che non intende sostituire il Documento di Base del 1970 né esserne una semplice riscrittura: “Si tratta di un testo orientativo”, spiega mons. Semeraro, presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi, “che aiuta le nostre Chiese, oggi, a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, a quarantaquattro anni dal Documento di Base, nel tempo di una rinnovata evangelizzazione, e dopo l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, a rafforzare una comune azione pastorale nell’ambito della catechesi e uno slancio comune nell’annuncio del Vangelo".

 

Un documento fondamentale, che afferma la centralità della catechesi come educazione alla fede e ne definisce alcuni tratti essenziali:
-il riferimento costante a Cristo.
In fondo, è stato papa Francesco a dirlo in modo chiaro e appassionato, esortando a “non attardarsi su una pastorale di conservazione – di fatto generica, dispersiva, frammentata e poco influente – per assumere, invece, una pastorale che faccia perno sull’essenziale.” Che, nella catechesi, è l’incontro con Gesù. 
L’assunzione del pensiero di Cristo (pensare secondo Cristo, pensare attraverso Cristo) è il fine dell'educazione catechistica, che ha sempre una natura comunitaria ed ecclesiale (da qui la prima persona plurale del titolo, “Incontriamo Gesù”)
-l’adesione viva e continua alla Scrittura (“ignorare la Scrittura”, dice san Girolamo, “è ignorare Cristo”)
-la centralità del messaggio (contenuto) e, al tempo stesso, l’attenzione al contesto nel quale si attua (la cultura contemporanea non è per forza di cose un ostacolo all'azione evangelizzatrice, ma può diventarne un pretesto, un "terreno fertile")
-similmente, l’importanza del catechista (e della sua formazione curriculare e permanente) e dei padrini (che non sono figure di contorno, meramente onorifiche, ma vanno “scelte, qualificate e valorizzate”) e, contemporaneamente, la cura nei confronti del destinatario (e del contesto di vita in cui si trova).
Elementi propri di una Chiesa missionaria. Che non solo dirige, ma accompagna la comunità. Che non offre formule magiche o taumaturgiche, ma, come chiede Francesco, ama Gesù e lo fa amare.