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In poche parole: l'Islam

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Islam… Corano… sharia… jihad
Parole che da un po' di anni sono entrate di prepotenza nel nostro vocabolario.
La presa di potere da parte dei Talebani in Afghanistan ha drammaticamente riportato all'attenzione le derive liberticide di certi fanatismi. Fanatismi che stanno all'Islamismo come al Cristianesimo, come a qualsiasi altra religione.

Forse vale la pena approfondire il significato delle parole dell'Islam, per fare chiarezza, per non confondere una religione importante complessa e di pace con un potere violento che di essa è una distorsione feroce.
Proviamo a rintracciare la genesi e il significato delle parole più importanti.

 

CORANO 
Il Corano (dall’arabo al-Qur'an: “la recitazione” o “la lettura”) è il testo sacro dell’Islam e contiene, anzi è la parola di Dio (Allah) rivelata a Maometto (Muhammad) attraverso la mediazione di uno “spirito” (identificato con l’arcangelo Gabriele).
È costituito da 114 capitoli (sure), è scritto in lingua araba (al punto che per i rigoristi le traduzioni sono commenti o interpretazioni più o meno coerenti, che rischiano di modificarne il senso) e, oltre alle storie dei profeti (tra cui Abramo, Mosé e Gesù), propone una serie di norme, che regolano la quotidianità (ad esempio, il numero delle preghiere da recitare in un giorno), l’ambito morale-religioso (ad esempio, il divieto di adorare simboli) e quello giuridico (ad esempio, come deve comportarsi l’uomo che vuole divorziare).

SUNNA 
Significa “consuetudine", "abitudine", “costume”. È l’insieme dei comportamenti (dei detti ma anche dei silenzi) che Maometto ha assunto in diversi contesti e situazioni. 
Tali comportamenti hanno un valore esemplare e normativo: laddove il Profeta ha sentenziato non c’è spazio per la libertà di scelta e di azione.

 

ALLAH
È il creatore dell’intero universo, giudice unico, onnipotente e assolutamente trascendente (a differenza del Dio dei cristiani, che si è fatto carne). 
Nessuna realtà gli è simile e, come recita la prima frase della sahada, la professione di fede, “non esiste altro Dio al di fuori di Dio”.
Il Corano e la sunna ne impediscono ogni rappresentazione e gli attribuiscono 99 epiteti (“i nomi più belli”): Misericordioso, Saggio, Giusto, Onnisciente, Amore, Colui che chiude la mano, Colui che apre la mano e via dicendo.
  
MAOMETTO
Nasce  intorno al 570 d.C. alla Mecca, orfano di padre e, all’età di sei anni, di madre. Cresce con il nonno e, in seguito alla sua morte, con Abu Talib, uno zio materno che gli insegna l’arte del commercio. Dopo essersi sposato con Cadiga ed essere diventato uno stimato mercante, si apre alla dimensione spirituale e, in seguito ad alcune visione, si convince di essere stato scelto da Dio come messaggero. A quarant’anni comincia la predicazione e, vista l’ostilità degli abitanti della Mecca, si sposta a Medina, dove, il 16 luglio 622, fonda la prima comunità musulmana, di cui diventa guida incontrastata. Muore l’8 giugno 632 senza lasciare indicazione per il successore.

GESÙ
L’Islam ha un grande rispetto per Cristo, che considera profeta e messia, guida e luce per gli uomini nonché apportatore di una Rivelazione (il Vangelo), il cui messaggio, liberato dalle false interpretazione dei suoi seguaci, è completato da quello di Maometto, l’ultimo profeta. 
I musulmani gli attribuiscono diversi miracoli, ma, nonostante lo considerino figlio della vergine Maria, rifiutano la sua natura divina, la dottrina trinitaria e la crocefissione.

CRISTIANI

A differenza dei pagani, che sono inconsapevoli, i cristiani (come gli ebrei, gli zoroastriani o gli induisti) sono Ahl al-kitab - "Gente del libro" (Torah, Vangelo, Avestā, Veda), perciò godono di uno statuto particolare: sono meritevoli di protezione (dhimma), non hanno l’obbligo di convertirsi e possono restare nella dar al-Islam (la "casa dell'Islam", ovvero i territori musulmani) purché paghino una tassa (jizya).

 

PRATICHE DI CULTO 
L’Islam poggia su cinque pilastri (o pratiche obbligate):
la shahada ovvero la professione di fede (“non c’è altro dio che Allah e Maometto è il suo inviato”),
la salat ovvero la preghiera canonica da compiere cinque volte al giorno,
il saum ovvero l’astensione del mese di ramaḍan (la completa astensione diurna da cibi, bevande, fumo e rapporti sessuali),
la zakat ovvero l’elemosina rituale,
il hagg ovvero il pellegrinaggio alla Mecca da compiere almeno una volta nella vita.
Ne segue un sesto, la jihad, che significa letteralmente “darsi da fare”, “impegnarsi duramente” ed “esercitare il massimo sforzo” in vista di uno scopo. Volendo, si possono definire almeno due livelli:
-la “jihad maggiore” ovvero la lotta interiore di purificazione ed elevazione, uno “sforzo contro sé stessi per Allah”
-la “jihad minore” ovvero la lotta reale, materiale, che, però, non è mai immotivata né offensiva. Il Corano, che riconosce la sacralità di ogni vita, consente la violenza al solo scopo difensivo: “…chiunque uccida un uomo, che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l'umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l'umanità”.

STRUTTURA
L’Islam non ha una struttura gerarchicamente costituita, anche perché la conversione alla fede musulmana è prima di tutto un convincimento interiore. 
Tuttavia ci sono alcune figure chiave: l’imam (che guida la preghiera), il muezzin (che scandisce il momento delle preghiere) e gli ulema (i dotti, conoscitori del Corano, della sunna e del diritto)  
In genere, per la mancanza di un sistema gerarchicamente ordinato, la vastità del territorio nel quale è professato e le diverse popolazioni che lo abitano, l’Islam non è un insieme organico e omogeneo; piuttosto è un sistema di principi universali che si attualizza in forme e pratiche differenti.  

SHARIA
È la legge rivelata, che preside al comportamento del singolo e della comunità.
Nell’Islam, la manifestazione della volontà divina non consiste soltanto in un insieme di insegnamenti teorici, bensì in un complesso di istruzioni concrete: non solo ingiunge all’uomo di essere buono, umile e giusto, ma gli insegna anche come diventarlo nelle diverse circostanze della vita. 
In poche parole, vivere secondo la Sharia – estrapolata dal Corano (o Parola di Dio), dalla sunna (o tradizione) e dal consenso dei dotti e della comunità (che, secondo Maometto, “non potrà mai essere concorde sull’errore”) – significa vivere secondo il volere di Dio, e rendere sacro ogni aspetto della vita, anche il più minuto.

 

LA FRATTURA DELLA COMUNITÀ
L’eredità del Profeta segna una frattura profonda nella umma (comunità di credenti), fondamentalmente tra SUNNITI e SCIITI.  
La rottura risale alla morte di Maometto (632 d.C.) e riguarda il suo successore.
Per i SUNNITI – circa il 90% del mondo musulmano  – è Abu Bakr: scelto dai compagni del Profeta, è il primo califfo: non ha natura divina e deve solo garantire l’unità ideale e materiale della comunità. Che, invece, è guidata dal Corano, dalla summa (l’esempio del profeta) e dai dotti; dice il testo sacro: “Obbedite a Dio, al suo messaggero e a quelli che di voi detengono l’autorità”.
Per gli SCIITI (presenti soprattutto in Iran e quel che resta dell’Iraq) il successore di Maometto è Ali, suo genero e cugino. E, in generale,il principio di discendenza di sangue è il discrimine: l’imam supremo discende da Maometto e, ispirato da Allah, è l’unico interprete del Corano (guida religiosa) nonché autorità infallibile (capo della comunità). 

La questione di fondo riguarda la natura dell’autorità. Tuttavia le tensioni che hanno sconvolto il mondo negli ultimi anni nascondono altro, rivendicazioni storico-geografiche e interessi politici ed economici, che gettano nel fango una religione che, come ogni altra, quasi per essenza, non può votarsi alla morte né alla violenza, ma porta l’uomo a guardare in alto.