Il grande e potente Oz
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"Io sono Oz, il Grande e il Potente!"
Così il protagonista di uno dei più celebri romanzi per bambini accoglie chi osa cercarlo nella Città di Smeraldo. Sono lo stupore e la curiosità che questa immagine, ostinatamente ribadita di pagina in pagina, provoca ancora oggi - a oltre un secolo di distanza dalla pubblicazione del libro di Frank Baum - a ispirare il nuovo film di Sam Raimi, distribuito dalla Disney in contemporanea mondiale e previsto nelle nostre sale dal 7 marzo.
Indagando nel passato del signore di Oz, la pellicola narra infatti la vicenda di Oscar Diggs, mediocre illusionista del Kansas che un ciclone scaraventa in una terra ignota, a bordo di una mongolfiera. Qualche attimo di perplessità e il divario tra i due mondi – l’uno irrimediabilmente squallido, l’altro sgargiante di colori – eccita l’entusiasmo del prestigiatore, che non rinuncia tuttavia alla sua solita cialtroneria da baraccone: perché smentire Evanora, Glinda e Theodora, le fascinose streghe che vedono in lui il sovrano annunciato da una profezia? Perché abbandonare ad altri il tesoro reale custodito nella Sala dello Splendore?
Sfacciatamente Oscar Diggs asseconda quindi le attese del Regno di Oz, ignaro dei pericoli che dovrà affrontare in una lotta per il potere sempre più ambigua, avvelenata dalla gelosia. E sarà soltanto scoprendo in sé l’audacia del Bene che riuscirà infine a diventare quel «grande uomo» che ha sempre sognato.
In un gioco di citazioni, Il Grande e Potente Oz sceglie così di approfondire un episodio emblematico della storia di Baum: lo smascheramento del mago da parte di Dorothy, la bambina che ha ucciso la Strega Cattiva dell’Ovest con l’aiuto dello Spaventapasseri, del Boscaiolo di Latta e del Leone Codardo; di fronte alla vergognosa incapacità di esaudire i loro desideri come promesso, Oz ammette di essere «un uomo qualunque» che da tanto tempo imbroglia i suoi sudditi con trucchi da ventriloquo. Ad accomunare i due momenti – il libro e il film – è forse la spudorata noncuranza del protagonista, che moltiplica gli inganni pur di non deludere quanti credono in lui, vittima della sua menzogna per non minare la felicità della "brava gente" di Oz: "Se li convincerai a credere, sarai mago quanto basta" gli ricorda ironicamente la Strega Buona del Sud.
Al di là dei dettagli abilmente confusi nella sceneggiatura – la Città di Porcellana, i babbuini alati, l’espediente degli ologrammi, la strada lastricata di mattoni gialli – la pellicola di Raimi accentua dunque un aspetto latente nel romanzo: l’intraprendenza di chi sa superare i limiti del proprio egoismo, donando agli altri se stesso.
Dalla prima edizione del 1900, Il meraviglioso mago di Oz ha conosciuto un successo travolgente, fatto di film (al 1939 risale l’interpretazione di Judy Garland, una trasognata Dorothy che canta Somewhere over the rainbow nella sua fattoria del Kansas), musical, cartoni animati più o meno fedeli all’originale, ma pervasi tutti dal medesimo incanto. Mancava soltanto un prequel.
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