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Il dono della vita

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Era già successo. Come prevedibile, è risuccesso. E risuccederà.
Di cosa si tratta?
Il 4 dicembre, dopo una serie di esami, test e controlli medici, quattro coppie si presentano all’ospedale Sandro Pertini di Roma e si sottopongono al trattamento di fecondazione assistita. Una procedura diffusa, rodata, ormai quasi scontata.
Ed è questo il problema: in questa ospedalizzazione della vita succede l’irreparabile, uno scambio di embrioni.
Cosa significa?
Dopo alcune settimane, una donna scopre di essere incinta. Di due gemelli.
Al di là di ogni considerazione, immaginiamo sia felice, umanamente felice.
La gravidanza procede, fino a quando, intorno al terzo mese, si rivolge all’ospedale Sant’Anna, un centro specializzato nell’assistenza materno-infantile, e si sottopone a nuovi esami: i feti, dicono i risultati, stanno bene e crescono in modo regolare. C’è solo un problema: i loro profili genetici “non sono compatibili” con quelli dei genitori.
Cioè?!
C’è stato un errore (un “errore”, tutto qui?): la donna ha accolto nell’utero gli embrioni di un’altra coppia. Perciò sta portando in grembo dei figli geneticamente non suoi né del marito.
Questo errore, in realtà, spalanca una infinità di interrogativi. Di ordine giuridico (a chi “appartiene” il futuro neonato? A chi ha donato o chi ha ricevuto?) ma, soprattutto, etico e morale (tanto più che accade dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legge 40, che ha reso legale la fecondazione eterologa).
Il cardinal Ruini nega che esista un “diritto al figlio” perché "il figlio è una persona e come tale non è disponibile”, Famiglia Cristiana parla di “mercato della vita”, la bioeticista Assuntina Morresi scrive che ciò che sta accadendo è “una brutta trama di un film di fantascienza”, il cardinale Betori parla “non di donatori ma di fornitori”… ci fermiamo qui, limitandoci a riportare alcuni estratti dell’Istruzione Donum Vitae (1987) redatto dal papa emerito Benedetto XVI, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede:

 

"[…] Grazie al progresso delle scienze biologiche e mediche, l'uomo può disporre di sempre più efficaci risorse terapeutiche, ma può anche acquisire poteri nuovi dalle conseguenze imprevedibili sulla vita umana nello stesso suo inizio e nei suoi primi stadi. Diversi procedimenti consentono oggi d'intervenire non soltanto per assistere ma anche per dominare i processi della procreazione. Tali tecniche possono consentire all'uomo di 'prendere in mano il proprio destino', ma lo espongono anche 'alla tentazione di andare oltre i limiti di un ragionevole dominio sulla natura' (Giovanni Paolo II). Per quanto possano costituire un progresso a servizio dell'uomo, esse comportano anche dei rischi gravi […].
La scienza e la tecnica, preziose risorse dell'uomo quando si pongono al suo servizio e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti, non possono da sole indicare il senso dell'esistenza e del progresso umano […]. Sarebbe, perciò, illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni […]. Pertanto la scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso intrinseco significato, il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali della moralità: debbono essere cioè, al servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale secondo il progetto e la volontà di Dio. Il rapido sviluppo delle scoperte tecnologiche rende più urgente questa esigenza di rispetto dei criteri ricordati: la scienza senza la coscienza ad altro non può portare che alla rovina dell'uomo […].
Nessun biologo o medico può ragionevolmente pretendere, in forza della sua competenza scientifica, di decidere dell'origine e del destino degli uomini […]. L'essere umano è da rispettare - come una persona - fin dal primo istante della sua esistenza. La messa in atto dei procedimenti di fecondazione artificiale ha reso possibili diversi interventi sugli embrioni e sui feti umani. Gli scopi perseguiti sono di diverso genere: diagnostici e terapeutici, scientifici e commerciali […]. Essa auspica che tutti comprendano l'incompatibilità che sussiste tra il riconoscimento della dignità della persona umana e il disprezzo della vita e dell'amore, tra la fede nel Dio vivente e la pretesa di voler decidere arbitrariamente dell'origine e della sorte di un essere umano [...]."