Il Conclave
vota, segnala o condividi
L’elezione del Sommo Pontefice, “pastore dell’intero gregge del Signore”, è una questione delicata, da sempre oggetto di speciali attenzioni. Non a caso, pochi giorni fa, la Segreteria di Stato vaticano ha diramato una nota che ricorda come “nel corso dei secoli i cardinali hanno dovuto far fronte a molteplici forme di pressione […] che avevano come fine quello di condizionarne le decisioni, piegandole a logiche di tipo politico o mondano. […] Se in passato sono state le cosiddette potenze, cioè gli Stati, a cercare di far valere il proprio condizionamento nell’elezione del Papa, oggi si tenta di mettere in gioco il peso dell’opinione pubblica, spesso sulla base di valutazioni che non colgono l’aspetto tipicamente spirituale del momento che la Chiesa sta vivendo”.
Per questa ragione, il meccanismo del Conclave (che, non a caso, riferisce l’espressione latina cum clave alla sala di elezione, appunto, "chiusa a chiave”) va regolato con norme rigorose e opportune. Che devono tenere conto delle esigenze del tempo, ma non possono “deflettere nella sostanza dalla linea della saggia e veneranda tradizione”. Atteniamoci a quanto stabilisce la Costituzione apostolica Universi dominici gregis¸ promulgata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996.
Il diritto di eleggere il Pontefice spetta ai Cardinali di Santa Romana Chiesa, a eccezione degli ultraottantenni, che, però, possono partecipare alle riunioni preparatorie e hanno un’importante funzione di guida e supporto spirituale.
I cardinali, che non possono essere più di centoventi, provengono da tutto il mondo e, per forza di cose, esprimono sensibilità differenti.
Durante l’elezione devono astenersi “dall'intrattenere corrispondenza epistolare, telefonica o con altri mezzi di comunicazione con persone estranee all'ambito dello svolgimento della medesima elezione”. Devono isolarsi dal mondo esterno. Devono concentrarsi. Devono porsi in ascolto dello Spirito Santo.
Per favorire l’isolamento e la concentrazione, e il dovere del più rigoroso silenzio, il Conclave si svolge secondo tempi e luoghi definiti, che non prevedono eccezioni. Recita l’Universi dominici gregis: “Durante tutto il tempo di durata della elezione, le abitazioni dei Cardinali elettori […] siano collocate in ambienti convenienti dello Stato della Città del Vaticano”. Dove, di preciso?
Fondamentalmente, in due luoghi: la Domus Sanctae Marthae, nei pressi della basilica di san Pietro, dove alloggiano, e la meravigliosa, lasciatecelo dire, cappella Sistina, dove si svolge l’elezione vera e propria.
Già, ma come funziona?
Il giorno convenuto, i cardinali elettori convergono in San Pietro e celebrano una messa votiva pro eligendo Papa. Da lì, in processione, invocando l’assistenza dello Spirito Santo, raggiungono la Cappella Sistina del Palazzo Apostolico, ove “tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio. E l’isolamento dal mondo esterno.”
A questo punto, di fronte al capolavoro di Michelangelo, toccando ciascuno il Santo Vangelo, prestano giuramento secondo la formula seguente: Prometto e giuro di osservare il segreto assoluto con chiunque non faccia parte del Collegio dei Cardinali elettori, e ciò in perpetuo, a meno che non ne riceva speciale facoltà data espressamente dal nuovo Pontefice eletto o dai suoi Successori, circa tutto ciò che attiene direttamente o indirettamente alle votazioni e agli scrutini per l'elezione del Sommo Pontefice. Prometto parimenti e giuro di astenermi dal fare uso di qualsiasi strumento di registrazione o di audizione o di visione di quanto, nel periodo della elezione, si svolge entro l'ambito della Città del Vaticano, e particolarmente di quanto direttamente o indirettamente in qualsiasi modo ha attinenza con le operazioni connesse con l'elezione medesima. Dichiaro di emettere questo giuramento, consapevole che una infrazione di esso comporterà nei miei confronti la pena della scomunica «latae sententiae» riservata alla Sede Apostolica. Così Dio mi aiuti e questi Santi Evangeli, che tocco con la mia mano.
Una volta terminato il giuramento, gli estranei escono dalla stanza. Rimangono solo i padri elettori. E il peso, ma anche la gioia, di una responsabilità gravosa, che li chiama ad agire “con retto intendimento per il bene della Chiesa universale, solum Deum prae oculis habentes.”
I Cardinali elettori devono astenersi da ogni forma di accordo, promessa o impegno condizionante. La simonia è punita con la scomunica latae sententiae.
Inoltre, non devono lasciarsi guidare dai rapporti personali (simpatia o avversione), dalle pressioni esterne, dalle “suggestioni dei mezzi di comunicazione sociale”, dal timore o dalla ricerca di popolarità. Devono avere a cuore unicamente la gloria di Dio e il bene della Chiesa, e assecondare l’aiuto divino.
Con la Costituzione Apostolica, Giovanni Paolo II abolisce l'elezione per acclamationem seu inspirationem, “giudicandola ormai inadatta ad interpretare il pensiero di un collegio elettivo così esteso per numero e tanto diversificato per provenienza”, e per compromissum, “perché di natura tale da comportare una certa deresponsabilizzazione degli elettori”. L’unica forma ammessa è lo scrutinio segreto.
La procedura si svolge in tre fasi:
-il pre-scrutinio, ovvero la distribuzione delle schede (la parte superiore del foglio reca scritto Eligo in Summum Pontificem, quella inferiore uno spazio bianco per scrivere il nome) e l'estrazione a sorte, fra tutti i Cardinali, di tre Scrutatori, tre Infirmarii (incaricati di raccogliere i voti degli infermi) e tre Revisori.
-lo scrutinio vero e proprio: ciascun elettore, dopo aver piegato la scheda, tenendola sollevata in modo che sia visibile, la porta all'altare, presso il quale stanno gli Scrutatori e un recipiente coperto da un piatto. Prima di inserirla all’interno, pronuncia a voce alta il seguente giuramento: Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto. Quindi, depone la scheda sul piatto e, con questo, la introduce nel recipiente.
Concluse le votazioni e lo spoglio (ad alta voce, in modo che tutti possano seguirlo), gli Scrutatori fanno la somma dei voti ottenuti dai vari “candidati”, e li annotano a parte. L'ultimo Scrutatore, a mano a mano che legge le schede, le perfora con un ago nel punto in cui si trova la parola Eligo, e le inserisce in un filo, in modo da conservarle e raccoglierle con più sicurezza.
-il post-scrutinio, che comprende il conteggio dei voti e il ri-controllo.
“Per la valida elezione del Romano Pontefice si richiedono i due terzi dei suffragi, computati sulla totalità degli elettori presenti”. Se la votazione non ha un buon esito, si bruciano le schede (da qui, la celebre fumata nera) e si procede a una seconda (per un totale di due votazione al mattino e due al pomeriggio). Nel caso che, dice l’Universi dominici gregis, “i Cardinali elettori avessero difficoltà nell'accordarsi sulla persona da eleggere, allora, compiuti per tre giorni senza esito gli scrutini […] questi vengono sospesi al massimo per un giorno al fine di avere una pausa di preghiera, di libero colloquio tra i votanti e di una breve esortazione spirituale. Quindi riprendono le votazioni secondo la medesima forma e dopo sette scrutini, se non è avvenuta l'elezione, si fa un'altra pausa. Se le votazioni non avranno esito, non si potrà recedere dall'esigere che si abbia una valida elezione o con la maggioranza assoluta dei suffragi o con il votare soltanto sui due nomi, i quali nello scrutinio immediatamente precedente hanno ottenuto la maggior parte dei voti, esigendo anche in questa seconda ipotesi la sola maggioranza assoluta”.
Avvenuta l'elezione, il Cardinale Decano, a nome di tutto il Collegio, chiede il consenso dell'eletto: "Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?". E, appena ricevuto il consenso, gli chiede: "Come vuoi essere chiamato?".
A quel punto, l’eletto diventa Vescovo della Chiesa Romana, vero Papa e Capo del Collegio Episcopale, e acquista la piena potestà sulla Chiesa universale. Si ritira nella cosiddetta “stanza delle lacrime”, la sacrestia della Sistina, dove si veste con i paramenti papali e, per la prima volta, si confronta con il peso e la responsabilità cui è chiamato. Dopo la vestizione, ritorna nella Cappella, siede alla cattedra e rilegge Matteo 16,13-19, con il quale Cristo promette a Pietro e ai suoi successori il primato del ministero apostolico. Dopo la lettura evangelica, i Cardinali si accostano al nuovo Pontefice per prestare atto di ossequio e obbedienza, e intonano il Te Deum. A questo punto, il primo dei Cardinali Diaconi annuncia al popolo, allertato dalla fumata bianca, il nome del nuovo Pontefice e l’avvenuta elezione: Habemus Papam.
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