I mille anni di Camaldoli
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Mille anni fa.
L’Europa è percorsa da guerre incessanti, che coinvolgono e travologno la Chiesa.
Il monaco benedettino Romualdo giunge nel fitto della foresta del Casentino, in provincia di Arezzo e, facendosi interprete e promotore di un’esigenza di autenticità ed essenzialità, fonda l’eremo di Camaldoli, composto da cinque celle e un piccolo oratorio.
Il nucleo originario (al quale, nel tempo, vengono ad aggiungersi quindici celle) rappresenta, con il monastero che sorge a poca distanza, il pilastro sul quale si fonda e ruota l’esistenza dei Camaldolesi. L’esperienza eremitica (la solitudine della cella, il silenzio della meditazione interiore) e quella cenobitica e comunitaria del monastero sono due momenti di un'unica esperienza, e la preghiera (individuale e comune) ne è il filo conduttore. Lo stemma della Congregazione, due pavoni che si abbeverano a un solo calice, rappresenta questa “comunione nella diversità”, alimentata e sostenuta dal rapporto con Dio.
Il senso ultimo dell’esperienza monastica coincide con la ricerca incessante del Signore.
La formula benedettina dell’Ora et Labora esprime questa adesione totalizzante: la preghiera e il lavoro (in particolare, la cura nei confronti della natura, incontaminata ed eterna, che circonda la Comunità) regolano le giornate, scandiscono gli orari e definiscono gli spazi, in modo da rendere grazia a Dio. Come per San Benedetto, l'ospitalità ha un valore sacro.
Recita l’articolo 53, relativo alla accoglienza degli ospiti:
1. Tutti gli ospiti siano ricevuti come Cristo in persona, perché egli dirà: “Ero forestiero e mi avete ricevuto” (Mt 25,35)
2. Siano ricevuti tutti con onore, ma soprattutto i nostri fratelli nella fede (Gal, 6,10) e i pellegrini
3. Appena dunque sarà annunziato un ospite, gli vadano incontro l'anziano e i fratelli con ogni dimostrazione di carità
4. innanzitutto preghino insieme e poi entrino in comunione con lui, scambiandosi la pace
5. Questo bacio di pace non si dia se non dopo aver pregato per evitare le illusioni diaboliche
6. Ed anche nel modo di salutare si mostri grande umiltà a tutti gli ospiti che vengono e che partono
7. con capo chino e con tutto il corpo prostrato a terra si adori in essi il Cristo, perché é proprio lui che viene ricevuto.
8. Gli ospiti così accolti siano accompagnati alla preghiera, e l'anziano o chi ne avrà ricevuto l'ordine da lui, sieda con loro.
9. Si legga dinanzi all'ospite, per la sua edificazione, la divina Scrittura, e quindi sia usata ogni attenzione (At 28,2)
10. Per riguardo all'ospite l'anziano rompa il digiuno, salvo che non sia un giorno particolare di digiuno che non si possa violare;
11. i fratelli invece proseguano i digiuni consueti.
12. L'acqua alla mani degli ospiti la versi solo l'abate;
13. ma i piedi degli ospiti li lavino tanto l'abate quanto tutti gli altri membri della comunità;
14. dopo aver lavato i piedi dicano questo versetto: “Abbiamo ricevuto la tua misericordia, o Dio, nel mezzo del tuo Tempio” (Sal 47,10)
15. Si accolgano con estremo rispetto soprattutto i poveri e i pellegrini, perché in essi maggiormente si riceve Cristo; la potenza dei ricchi invece si impone da se stessa all'attenzione.
16. La cucina per l'abate e per gli ospiti sia a parte, affinché giungendo ad ore impreviste gli ospiti, che al monastero non mancano mai, non siano disturbati i fratelli
17. Per questa cucina si incarichino ogni anno due fratelli che adempiano bene al loro ufficio.
18. In caso di necessità si aggiungano degli aiutanti, perché servano senza mormorazione; ma quando hanno meno da fare, vadano al lavoro dove viene loro comandato
19. E non solo nel loro caso, ma per tutti gli uffici del monastero, si segua questa norma:
20. quando c'é bisogno, si aggiungano degli aiutanti, ma quando gli incaricati sono liberi, obbediscano in ciò che viene comandato.
21. Anche alla foresteria venga assegnato un fratello pieno di timore di Dio;
22. i letti siano preparati in numero sufficiente, e il governo della casa di Dio sia tenuto come si deve da persone sagge.
23. Nessuno, tranne l'incaricato, s’intrattenga o parli con gli ospiti;
24. ma se qualcuno s'incontra con gli ospiti o li vede, li saluti rispettosamente, come abbiamo detto e, chiesta la benedizione, passi oltre dicendo che non ha il permesso di trattenersi con loro.
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