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Giornata per la Carità del Papa

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È una pratica antica, cooriginaria al cristianesimo, e ha come obiettivo il sostentamento (concreto, materiale) di chi assume su di sé la missione di annunciare il Vangelo; dice Giovanni Paolo II nel febbraio 2003: “Vi sono note le crescenti necessità dell’apostolato, i bisogni delle Comunità ecclesiali specialmente in terra di missione, le richieste di aiuto che giungono da popolazioni, individui e famiglie che versano in condizioni precarie. Tanti attendono dalla Sede Apostolica un sostegno che spesso non riescono a trovare altrove. In quest’ottica, l’Obolo costituisce una vera e propria partecipazione all’azione evangelizzatrice, specialmente se si considerano il senso e l’importanza di condividere concretamente le sollecitudini della Chiesa universale”.
Questa colletta, che coinvolge l’intero mondo cattolico, ha luogo la domenica più prossima alla solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e una valenza non solo pratica, ma pure, e soprattutto, simbolica: implica l’adesione, la comunione con il Santo Padre e il resto della Comunità, è “l’espressione più tipica della partecipazione di tutti i fedeli alle iniziative di bene del Vescovo di Roma nei confronti della Chiesa universale” (Benedetto XVI). È un modo per sostenere la pratica caritatevole del Santo Padre, che si rivolge alle tante condizioni di miseria, anche drammatiche, che caratterizzano la società contemporanea. Benedetto XVI, e chi l’ha preceduto sul soglio di Pietro, si fa Pastore di tutta la Chiesa e si rivolge a tutti coloro che sono in una condizione di mancanza: i sofferenti, i diseredati, i poveri, gli ammalati, le vittime di guerra o di catastrofi naturali; e le diocesi in difficoltà e gli istituti religiosi. E, al tempo stesso, invita ad accontentarsi, a fare meno del superfluo e del vano, e ad aprirsi a ciò che è (spiritualmente e concretamente) necessario.