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Giornata internazionale a sostegno delle vittime della tortura

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L’uomo è l’unico animale che arrossisce, ma è l’unico ad averne bisogno.
Mark Twain

La tortura è senza dubbio una delle più crudeli e odiose violazioni dei diritti umani.
Ogni giorno, in decine di paesi, i governi combattono una guerra silenziosa contro nemici reali o presunti, armati o inermi, pericolosi criminali o colpevoli di niente. Con percosse o con metodi di distruzione psicologica, la tortura sottomette, terrorizza, annichilisce. La tortura lede nel profondo la dignità umana perché costringe, estorce senza tenere in alcuna considerazione la libertà. Lo fa in modo violento, senza lasciare scampo. E lo fa in segreto, perché la tortura è vergognosa.

Nel 1997  le Nazioni Unite hanno designato il 26 giugno come Giornata Internazionale a Sostegno delle Vittime della Tortura. Non a caso: 10 anni prima, il 26 giugno 1987 era entrata in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Questo documento internazionale, che ha ribadito il divieto all’utilizzo della tortura come un diritto inderogabile, è stato ratificato da 146 dei 193 paesi membri dell’ONU.
Il 60% dei paesi democratici che hanno firmato la convenzione ONU contro la tortura del 1984 continuano ad applicare la tortura come mezzo di coercizione, interrogatorio e manipolazione.
Circa metà della popolazione mondiale vive sotto governi che praticano la tortura.
L’Italia non ha ancora introdotto il reato di tortura nel codice penale (gli atti di tortura rientrano nei reati di “lesioni personali” o “abuso d’ufficio”).

Le vittime della tortura

Scrive Miguel Benasayag, un militante argentino rifugiatosi in Francia negli anni settanta, ora psicanalista e filosofo: “il torturatore cerca di ridurre il militante a non essere che un corpo dolente. Cerca di farvi divenire solo dei corpi, ridotti ad una ricerca di pura sopravvivenza, cancellando qualsiasi soggettività desiderante, qualsiasi dimensione simbolica e storica”. E ancora: “l’importante per loro (i carnefici) è farvi comprendere che d’ora in avanti voi siete un giocattolo nelle loro mani e che possono farvi quello che vogliono. Non c’è alcun ricorso possibile, voi non esistete”.

A destabilizzare le vittime è soprattutto la valenza politica della tortura. La tortura non è un’eccezione, un abuso di un sistema di potere, ma è uno strumento deliberatamente scelto e attuato per cancellare ogni possibile opposizione, ogni dissidenza. Ed è significativo che l’obiettivo della tortura non sia la ricerca della verità ma la distruzione della personalità, delle sue motivazioni politiche e dei legami affettivi, della molteplicità dei tratti che lo distinguono come individuo.
A restare poi, è soprattutto la vergogna. La vergogna di non essere più uomini, quegli uomini che si è stati e per cui s’è finiti così, quelle personalità liberamente decise e assunte.  La vergogna di essere nudi, di una nudità totale e assoluta, la vergogna di un’intimità strappata, forzata.

Un giorno per non distogliere lo sguardo

Forse le date non servono a molto, forse un giorno di manifestazioni, incontri e discorsi retorici non cambia le cose. E poi di solito, da questi appuntamenti con l’orrore del mondo, si distoglie  volentieri lo sguardo.
Ma se si riuscisse a non farlo, leggendo, cercando di capire di più la richiesta di quelle persone che bussano, che chiedono di entrare, che desiderano recuperare il nocciolo calpestato della loro umanità… qualcosa cambierebbe? Forse sì, ci sarebbero in giro persone migliori.