Dalla fine del mondo
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Non sappiamo di cosa si tratti. Di una rivoluzione. Di un piccolo cambiamento. Di una semplice evoluzione. Fatto sta che dal giorno dell’elezione al soglio pontificio, papa Francesco procede con passo deciso. E non smette di stupire. Ma non cerca il “colpo a effetto”, qualcosa di eclatante o clamoroso. Al contrario. Colpisce la naturalezza con cui porta avanti la sua missione, la leggerezza con cui agisce e la serenità che trasmette. Come se non avesse fatto altro in tutta la vita.
Non prendeteci per miscredenti. Ci muoviamo in superficie, lo sappiamo. Scriviamo di getto. Con il cuore. Con gli occhi di chi, in un mare in tempesta, ritrova un conduttore di cui si fida, e cui si affida, in modo appassionato.
Papa Francesco sorride. Usa un tono dolce e fermo. Chiede “per favore”. Apre all’ottimismo, alla speranza. Si rivolge ai poveri, si prende cura dei malati, parla ai potenti della Terra: "Siamo custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell'altro, dell'ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo”. Fino dai primi giorni del suo pontificato, sembra incarnare una fede che non ha paura di aprirsi al mondo senza per questo perdere la sua autorità, il dogma che la sostiene.
Non è un caso che abbia scelto il nome Francesco. Un nome importante, che nessuno aveva mai avuto il “coraggio” di utilizzare. Simbolo di una Chiesa semplice e pulita: “Come mi piacerebbe”, ha quasi sospirato durante la prima udienza pubblica con i giornalisti, “una Chiesa povera e per i poveri…”. Un nome che evoca un mondo semplice e pulito, lontano dagli interessi e dai personalismi. Capace di colpire i cuori di milioni di credenti, e non solo.
All’apparenza, Francesco è salito al soglio petrino così come, nella sua Buenos Aires, saliva sui mezzi pubblici. Ma solo chi è profondamente consapevole della funzione che è chiamato a portare, della croce che è chiamato a sostenere, può apparire così tranquillo. Solo chi crede in ciò che dice risulta convincente. Solo chi conosce la strada che calpesta, la percorre con passo deciso. E non ha paura di farsi aiutare: “Pregate per me”, dice ai grandi e agli ultimi della terra.
Francesco non è un extraterrestre, ma un uomo che ha i piedi ben piantati a terra. Conosce la crisi (non solo economica…) che affligge il mondo. E sa che non è il tempo della scomuniche e degli anatemi, ma della gioia, della tenerezza, “che non è la virtù del debole, ma, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, di amore”, e della misericordia, “che rende il mondo meno freddo e più giusto”. Di una Chiesa che non giudica, ma ama e perdona.
Francesco guarda le persone dritto negli occhi. Cerca il contatto. Rifiuta la deferenza. Alla fine della messa celebrata in sant’Anna si è fermato davanti alla chiesa e ha salutato i fedeli uno alla volta, come un normale parroco di periferia, uno di quelli che conoscono e si prendono cura dei propri parrocchiani. Dei loro problemi, delle loro paure e delle loro speranze. I suoi 76 anni non sono un peso. La formazione da gesuita gli dà una grande forza intellettuale, l’esperienza pastorale sostiene quella spirituale.
Lasciatecelo dire, sembra l’uomo giusto al momento giusto, il più adatto a guidare la Chiesa in questa fase agitata. A cambiarla senza picchettare le fondamenta sulle quali si è costituita nei suoi duemila anni di storia. Lo si vede nella gestualità e nel tono della voce. Lo si vede nella scelta della parole, dal “buonasera” con cui ha salutato piazza San Pietro il giorno della sua elezione, al “buon pranzo” con cui ha chiuso il primo Angelus. Parole che aprono a una dimensione quotidiana e famigliare, a una fede che esce dalle pareti delle chiese e si apre alle piazze della città e oltre: “È bello”, ha detto ai fedeli riuniti in piazza San Pietro, “parlarci e salutarci di domenica, e oggi lo facciamo in una piazza che grazie ai media ha le dimensioni del mondo". Lo si vede nei tanti piccoli gesti che rifiutano il clamore ma segnano un percorso che potrebbe rivelarsi clamoroso: Francesco paga il conto dell’albergo che lo ha ospitato durante il Conclave, prende il pulmino con i cardinali che lo hanno appena eletto, non rinuncia alla croce di metallo indossata da vescovo prima e cardinale poi, non indossa la mozzetta rossa, sceglie un anello piscatorio semplice, d’argento, passa tra la folla con l’auto scoperta, saluta con il pollice levato, si dice Vescovo di Roma, primus inter pares... Viene dalla fine del mondo. Ci porterà lontano.
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