Bibbia e tecnologia
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Ricordo perfettamente la prima volta che strinsi un lettore digitale tra le mani. Me lo avevano regalato per Natale. Era stata una mia richiesta. Lavorando nel settore, ero incuriosito. Non dico attratto, ma intrigato sì. Mentre attendevo che il display si popolasse, mi chiedevo: “Come sarà? Funzionerà?”. La cosa buffa, però, era che mi sentivo in colpa, come se stessi tradendo i “compagni di una vita”. Seduto sul divano di casa, l’occhio mi cadde sulla libreria: le copertine colorate, una alta una bassa, una intonsa una consumata, racchiudevano storie che avevo amato ma anche detestato, che avevo divorato ma anche abbandonato; che mi avevano accompagnato per tanti anni e che, in qualche modo, coincidevano con la storia della mia vita: ogni segno era un pensiero, ogni orecchia sull’angolo della pagina un promemoria. C’erano note, evidenziazioni, sottolineature. Il libro, per me, era un’esperienza fisica, materiale. Quasi “carnale”. Pensavo che la lettura fosse tutt’uno con l’odore della carta e il rumore delle pagine sfogliate.
Cosa avrei provato leggendo su quell’anonimo supporto? Sarei stato rapito? Mi avrebbe traumatizzato?
Quando il display fu pronto, lessi. Lo feci di un fiato, non so per quanto. La storia (Il sole dei morenti di Jean - Claude Izzo) era avvincente, la “voce” appassionante. Quando, la sera, premetti il tasto off e spensi la luce della stanza, mi resi conto di quello che era successo. O, per meglio dire, non era successo. Non avevo tradito né gli scribi né gli amanuensi né Gutenberg. Non avevo rinnegato la letteratura. Avevo semplicemente cambiato supporto. Il messaggio era lo stesso. Le emozioni e i pensieri che avevano prodotto pure.
È passato un po’ di tempo.
Il lettore digitale è lì, appoggiato sulla libreria. Do la precedenza alla pila di libri cartacei che nel tempo si sono accumulati sul comodino. Ce ne sono ancora parecchi. A volte, però, ci scappa: ho urgenza, “fame” di un titolo, non ho voglia di spendere, non ho particolari aspettative… Accendo il computer, accedo a Sanpaolostore, mi scarico un e-book. Leggo.
Pochi giorni fa, a sorpresa, mi arriva una notizia: il 13 febbraio Edizioni San Paolo edita la Bibbia in formato digitale. “Possibile?”, mi chiedo.
La Bibbia è la Bibbia, è il Testo Sacro. È il cuore della fede, la carne della liturgia. I testi digitali, come avverte Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, rischiano di essere “volatili” (l’esatto contrario delle “Tavole della Legge”) e di perdersi tra le infinite applicazioni che caratterizzano i nuovi supporti.
Ho riflettuto. In redazione ci siamo confrontati. Siamo arrivati alla conclusione che il significato delle Scritture e il loro insegnamento vanno al di là del supporto che li veicola. E che, in qualche modo, il beato Giacomo Alberione aveva indicato la strada, cogliendo per primo la portata di riviste, libri, radio e televisione. E che poi è arrivato Internet, nel nostro piccolo Sanpaolostore, a un livello più alto il primo tweet di Benedetto XVI (il Papa, spiega padre Lombardi, sta dove stanno le persone). Che ora è il momento dei libri digitali. Anzi, del Libro.
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