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20/04/2018

Sant’Agnese Segni di Montepulciano

È stata proclamata ufficialmente santa nel 1726, da Benedetto XIII. Ma per conto suo l’ha canonizzata tre secoli e mezzo prima Caterina da Siena, nata trent’anni dopo la sua morte. “La madre nostra santa Agnese gloriosa”, così la chiama in alcune lettere; e scrive che “ella ebbe quella carità increata che continuamente ardeva e consumava nel cuore suo: ella era mangiatrice e gustatrice delle anime”.
Ci sono ben poche vicende nella sua biografia. Nata in anno incerto da una famiglia nobile di Montepulciano, a nove anni è – diremmo oggi – in collegio dalle monache, dette “saccate” dal loro particolare abito. E lì poi rimane. Cinque anni dopo accompagna la maestra delle medie, suor Margherita, a Proceno (Viterbo) per fondarvi un nuovo monastero. Passa un altro anno e incredibilmente ne diventa superiora: lei, Agnese, a quindici anni, con approvazione pontificia e “per la visibile forza esercitata dalla sua santità”, come scriverà più tardi fra Raimondo da Capua nella sua entusiastica biografia di Agnese.
Una santità di cui parlano tutti, e che poi i cittadini di Montepulciano “sequestrano”: insistono, premono, e infine riescono a farla tornare tra loro da Proceno, per fondare nel borgo di Gracciano un monastero, nel 1306. È dedicato a santa Maria Novella, si alimenterà della spiritualità domenicana e Agnese ne sarà la badessa fino alla morte. 
La “gustatrice di anime”, da qui in avanti, non fa altro che vivere e pregare, vivendo per lunghi periodi di pane e acqua. La circonda una fama di santità alimentata da racconti di prodigi: le sue estasi, i sogni profetici, le “nevicate” di manna sopra di lei. Per i concittadini diventa una sorta di patrona già da viva e lo sarà ufficialmente dopo: i pittori la raffigurano spesso con un giglio in una mano, mentre con l’altra regge un modellino della città.
Oltre mezzo secolo dopo la sua morte, viene a Montepulciano, in pellegrinaggio, Caterina da Siena. Prega davanti al corpo di Agnese, custodito nella chiesa del monastero. Il suo direttore spirituale Raimondo da Capua racconta: “Caterina s’inginocchiò ai suoi piedi e principiò a reclinare il capo per baciarglieli; ma il corpo esanime, alla vista di tutti i presenti (...) alzò un piede fino a lei”.