San Paolo Store

22/07/2018

Santa Maria Maddalena di Anna Maria Cánopi

Maria!”… “Rabbunì!”. Nel giardino della Risurrezione viene ripreso quel dialogo e quel dolce passeggiare di Dio con le sue creature umane che il peccato aveva tragicamente interrotto. È l’alba del “primo” giorno, del tempo della grazia; è l’inizio di una speranza nuova germinata sull’albero della croce. Maria Maddalena sta, desolata, davanti al sepolcro vuoto; cerca il corpo del suo Signore e piange perché non sa dove trovarlo. A partire dagli antichi Padri della Chiesa e del monachesimo fino ai poeti e ai mistici dei nostri giorni, la figura di questa donna del Vangelo, “di questa prigioniera d’amore” (J. Ibañez Langlois) è sempre stata cara al popolo cristiano e continua a risvegliare nei cuori il desiderio di cercare il Signore crocifisso e risorto, per cantare la gioia di ritrovarlo, anzi di essere da lui ritrovati, chiamati per nome e assicurati della sua perenne presenza. Ma chi fu veramente Maria Maddalena? Fino a non molti anni fa, in lei si facevano confluire i lineamenti di tre differenti personaggi femminili ricordati nel Vangelo. Era innanzitutto individuata nella peccatrice anonima che, entrata all’improvviso nella sala del sontuoso banchetto allestito dal fariseo Simone, osò gettarsi ai piedi di Gesù, lavarli con le sue lacrime e asciugarli con i suoi capelli. Sulle sue labbra sant’Efrem, definito “arpa dello Spirito Santo”, pone questa toccante preghiera: “Io sono una pecorella smarrita del tuo gregge; fammi entrare nel tuo ovile, o mio Salvatore”. Pure sant’Anselmo d’Aosta si rivolge a lei quale peccatrice perdonata perché “ha molto amato”: “O santa Maria Maddalena, versando molte lacrime, tu sei venuta a Cristo, fonte di misericordia…È lui che ti ha giustificato; lui che, nel tuo dolore tanto amaro, dolcemente ti ha consolato… Ardente innamorata di Dio, io vengo nella mia timidezza ad implorare te che sei beata: io, nella mia oscurità, da te luminosa; io, peccatore, da te giustificata; io, impuro, da te purificata: chiedi insistentemente per me il perdono come lo hai chiesto per te; ottienimi le lacrime dell’umiltà, il desiderio della patria celeste; attingi per me dalla fonte della misericordia, perché io possa lavare i miei peccati; falla scorrere verso di me, perché sia irrigato il mio deserto.

A te non sarà difficile ottenere tutto quello che vuoi dal tanto amato e dolcissimo Signore, tuo amico, che vive e regna nei secoli dei secoli”. Era poi anche identificata in Maria di Betania, sorella di Lazzaro e di Marta: la donna della contemplazione e della gratuità, icona della perfetta discepola seduta ai piedi del Maestro, attratta dal suo fascino, tutta protesa all’ascolto della sua Parola. Secondo il racconto evangelico, pochi giorni prima della Passione, durante l’ultimo pasto ospitale offerto a Gesù dagli amici di Betania, fu lei a versare sul capo del Maestro il prezioso unguento di nardo profumato. Un gesto biasimato da Giuda, ma da Gesù ritenuto profetico “in vista della sua sepoltura”. Sant’Ambrogio commenta: “Gesù gradì non tanto l’unguento, quanto l’amore; accolse la fede, lodò l’umiltà. Anche tu, se desideri la grazia, accresci l’amore; versa sul corpo di Gesù la fede nella risurrezione, il profumo della Chiesa, l’unguento della comune carità… Colui che è profondità di ricchezza non vuole denaro, ma gratitudine. Noi impariamo da questa donna l’importanza di quella parola dell’Apostolo: ‘Ma dove sovrabbondò il peccato, ha sovrabbondato la grazia’. Essa riconobbe il peccato, e attirò la grazia”. Infine Maria Maddalena viene propriamente riconosciuta in quella donna di Magdala che, dopo essere stata liberata da sette demoni, si unì al gruppo delle altre pie donne – Cleofa, Susanna, Giovanna, l’altra Maria… – che costituivano il servizievole seguito di Gesù nel corso della sua vita pubblica. Queste generose discepole seguirono il Maestro fino al Calvario, anzi, fino al sepolcro, e là (secondo il racconto evangelico di Matteo e di Luca) furono le prime ad incontrarlo risorto e ad adorarlo. Secondo il Vangelo di Giovanni, poi, Maria di Magdala meritò di vedere per prima il Signore risorto. Già nel III secolo Ippolito di Roma descriveva così l’incontro con lui presso il sepolcro: “Eva ormai non si nasconde più, ma cerca di stringere con tutte le sue forze l’albero della vita. O meraviglioso capovolgimento: Eva diviene apostola!”. Gli fa eco, nel IV secolo, uno dei più grandi Padri della Chiesa orientale, Gregorio di Nissa: “Poiché a causa di una donna era avvenuta la separazione da Dio, era ben giusto che la prima testimone della risurrezione fosse una donna, affinché la catastrofe seguita alla disobbedienza fosse riscattata dalla fede nella risurrezione”.

Oggi – come gli esegeti ci indicano e come la liturgia ci fa pregare – solo in questo personaggio del Vangelo bisogna riconoscere e venerare la vera santa Maria Maddalena. Ma, a bene considerare, bisogna ammettere che le tre figure evangeliche avevano realmente, al di là delle differenze, un unico volto, come scrisse bene il cardinale de Bérulle nel XVII secolo: “Maria Maddalena: la sua pazienza è amore, il suo deserto è amore, la sua vita è amore, la sua croce è amore… Non vedo altro che amore in lei; non vedo altro che Gesù nel suo amore; non vedo altro che Gesù e amore nel suo deserto”. Santa Maria Maddalena, ancor più che essere un esempio di vita penitente, è dunque il modello di una vita consacrata totalmente alla ricerca appassionata del Signore. Non desistendo dal desiderare e dal cercare Gesù, pur dopo averlo visto morire di una morte infame e aver sentito il peso di un enorme masso chiudere il suo sepolcro, questa donna dimostra come l’amore vero non abbia misura e mai si stanchi, perché non è un semplice sentimento naturale, ma è quell’amore che Cristo stesso infonde nel cuore dei credenti amandoli per primo fino all’estremo sacrificio: è lo stesso amore divino, lo Spirito Santo. Sospinta da questo amore Maria Maddalena, sul finire della notte, si mette alla ricerca del suo Signore che le è stato strappato, lo cerca tra le lacrime, nel gemito: “A lei che amava” commenta san Gregorio Magno “non bastò lo sguardo dato una volta sola, perché la forza dell’amore intensifica l’impegno della ricerca. Cercò dunque una prima volta, ma invano; perseverò nella ricerca e le fu dato di trovare. Avvenne che il desiderio, per l’attesa, si intensificò e così poté incontrare l’oggetto delle sue ricerche… Gesù le dice: ‘Maria!’. Dopo averla chiamata con il termine ‘donna’ senza essere stato da lei riconosciuto, la chiamò per nome, come per dirle: ‘Riconosci colui dal quale sei riconosciuta’. All’uomo perfetto viene detto: ‘Ti conosco per nome, ti conosco non come qualcuno che scompare nella massa, ma in modo tutto speciale’. Maria, chiamata per nome, riconosce il Creatore e subito gli dice: ‘Rabbunì’, Maestro, era lui che ella aveva cercato all’esterno e dal quale era stata interiormente guidata nella ricerca”. Nell’incontro con il Risorto, Maria ritrova dunque anche se stessa nella propria vera identità; infatti cade immediatamente ai piedi di Gesù chiamandolo anch’essa per nome: Rabbunì. Lo riconosce suo Maestro e si riconosce sua discepola. Ed ecco che mentre cerca– come la sposa del Cantico – di stringerlo a sé, egli le addita la sua nuova missione: “Va’ dai miei fratelli”. Sapendo ormai che Gesù può essere veramente incontrato nella fede, ella si avvia con il cuore traboccante di emozione, impaziente di portare a tutti la stupenda notizia. Ormai “Maria piangeva di soavissima gioia, la rugiada le copriva il capo, e i suoi capelli si diramavano al sole della gloria”.