San Paolo Store

21/10/2017

Sant'Orsola

L’ autenticità storica della vicenda di sant’Orsola e delle “undicimila vergini” è affidata essenzialmente a un documento epigrafico, un’iscrizione incisa su una lapide di pietra ancora visibile nel coro dell’antica chiesa di Sant’Orsola a Colonia. In essa tale Clematius, personaggio di rango senatorio a lungo vissuto in Oriente e trasferitosi poi a Colonia, testimonia a quel che pare – ma si tratta di un testo del IV-V secolo per molti versi oscuro, a lungo sospetto di essere una falsificazione del IX secolo o addirittura del XV – di aver ricostruito, in seguito a frequenti visioni ricevute, una basilica situata in un territorio di sua proprietà ch’era caduta in rovina e che era consacrata ad alcune vergini che in quel luogo avevano subito il martirio. Questo il testo, che evidentemente mira anzitutto a vietare che la basilica, ormai santuario delle caelestes virgines ivi sepolte, sia usata per seppellirvi chiunque altro:

“DIVINIS FLAMMEIS VISIONIB(US) FREQUENTER ADMONIT(US) ET VIRTUTIS MAGNÆ MAIESTATIS MARTYRII CAELESTIUM VIRGIN(UM) IMMINENTIUM EX PARTIB(US) ORIENTIS EXIBITUS PRO VOTO CLEMATIUS V. C. DE PROPRIO IN LOCO SUO HANC BASILICA (M) VOTO QUOD DEBEBAT A FUNDAMENTIS RESTITUIT. SI QUIS AUTEM SUPER TANTAM MAIESTATEM HUIUS BASILICÆ UBI SANCTÆ VIRGINES PRO NOMINE XPI SANGVINEM SUUM FUDERUNT CORPUS ALICUIUS DEPOSVERIT EXCEPTIS VIRGINIB(US) SCIAT SE SEMPITERNIS TARTARI IGNIB(US) PVNIENDVM”

Se il testo della lapide è autentico ed è stato correttamente datato, si deve trasferire al più tardi all’inizio del IV secolo, e quindi alla cosiddetta “era dei martiri” (la persecuzione di Diocleziano). Il nucleo originale della leggenda lo conosciamo bene perché alla fine del XIII secolo il domenicano Jacopo vescovo di Varazze la inserì nel suo grande corpus di leggende dei santi disposte secondo il calendario liturgico, la Legenda Aurea. La tradizione raccolta da Jacopo da Varazze risale a una Passio del X secolo la quale, infatti, narra di una giovane bellissima, Orsola, figlia del re bretone (o britanno?) Nothus o Maurus, che accettò di sposare il figlio del re pagano “d’Inghilterra” (un sovrano celtico insulare ancora pagano? Un invasore anglo o sassone dell’isola, il che porterebbe il racconto al V secolo?) il quale aveva promesso in cambio di convertirsi alla fede cristiana. Essa partì con molte vergini che costituivano il suo seguito (poi divenute 11.000 in seguito a una serie di equivoci e di errate letture paleografiche) per raggiungere lo sposo; insieme con loro, partirono affascinate dal suo esempio anche numerose altre persone, tra cui lo stesso papa Ciriaco che pur di seguirla rinunziò alla cattedra pontificia. 

La comitiva, dopo essere stata a Roma, prese la via fluviale del Reno per raggiungere l’Inghilterra: ma, in seguito alla segnalazione dei perfidi pagani ancora presenti a Roma, essa fu intercettata e sterminata a Colonia dagli unni. Jacopo da Varazze sosteneva che le vicende di Orsola e delle sue compagne si ritenevano al suo tempo occorse nel 238, ma da parte sua le stimava riferibili piuttosto al 352, durante il regno dell’imperatore Marciano, cioè a un tempo nel quale il Cristianesimo sembrava ormai aver vinto la sua battaglia contro i culti pagani e aveva conquistato la stessa famiglia imperiale, ma molti erano ancora i centri di permanenza del culto pagano, nella stessa aristocrazia senatoriale romana: del resto, la successiva avventura dell’imperatore Adriano lo avrebbe dimostrato. La Passio sembra aver confuso dati relativi al IV-V secolo rielaborando arbitrariamente una vicenda che potrebbe più probabilmente riguardare l’inizio del IV secolo, e avere in effetti per protagonista una giovane aristocratica celtica (tra i nomi celtici quelli che si riferiscono all’orso come animale totemico sono comuni: “Artù” è uno di essi; “Ursula” potrebbe riferirsi a quella tradizione).Sembra comunque che a Colonia fossero attestate almeno sin dall’VIII secolo reliquie di alcune giovani donne, tra cui quelle di una bambina di undici anni, detta per questo undecimilla, “la piccola undicenne”, anonima. Molti testi liturgici (martirologi, calendari, litanie) forniscono comunque i nomi di alcune delle compagne di Orsola: Sencia, Gregoria, Pinnosa, Martha, Saula, Britula, Saturnina, Rabacia, Saturia, Palladia. Il primo testo liturgico sicuro che attesta il culto è a quel che sembra quello relativo alla metà del IX secolo, il Sermo in natali sanctarum Coloniensium virginum, seguito al martirologio di Wandalberto di Prüm, compilato più o meno nello stesso periodo. Usuardo, nel suo martirologio databile all’875 circa, ricorda “Martha e Saula con parecchie altre”. Col tempo, vari scritti agiografici di tono sempre più romanzesco presero a crescere attorno a questo più antico nucleo: così i due d’ambiente coloniense redatti verso il X secolo, il Fuit tempore per vetusto e il Regnante Domino, che pretendeva di essere stato direttamente ispirato da san Dunstano di Canterbury. Questi testi sono la base per la coeva Passio che si è visto aver ispirato Jacopo da Varazze. Nel XII secolo furono scoperte nell’Ager Ursulanus, presso la basilica di Sant’Orsola a Colonia, varie ossa appartenenti, a quel che sembra, a uomini, donne e bambini: un’antica necropoli? Un cimitero? Nulla autorizza a collegarle a resti di martiri: ma ciò dette origine a molti racconti fantastici, che si riscontrano anche nelle visioni di Elisabetta di Schönau e del beato Ermanno Giuseppe di Steinfeld. Naturalmente, dopo il Nibelungenlied, databile al 1200 circa, la presenza degli unni nella eggenda comportò la menzione del loro più celebre principe, Attila, che divenne il carnefice di Orsola: e con ciò tutto il racconto fu spostato al V secolo, rendendo possibile anche collegarlo all’invasione angla, juta e sassone della Britannia. La leggenda di sant’Orsola ha ispirato vari cicli pittorici, come quelli di Memling a Colonia e del Carpaccio a Venezia. Nel 1535 la desenzanese sant’Angela Merici fondò a Brescia l’Ordine delle orsoline, dedito anzitutto all’educazione delle fanciulle, delle quali appunto Orsola è la patrona.

(di Franco Cardini)