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24/10/2017

Sant’Antonio Maria Claret

Antonio Claret nacque il 23 dicembre 1807 a Sallent (Barcellona) da una famiglia di tessitori. Al termine degli studi, dopo alcune deludenti esperienze, fu tentato di abbandonare il mondo per entrare come monaco fra i certosini. Ne venne dissuaso dal suo vescovo, che lo convinse invece a seguire una sua già manifestata aspirazione al sacerdozio entrando nel seminario diocesano di Vich. Ordinato sacerdote nel 1835, svolse il suo primo incarico pastorale nella parrocchia del suo paese natale. Sperando di potersi dedicare all’attività missionaria, entrò nel noviziato romano della Compagnia di Gesù, che dovette però lasciare dopo circa un anno a causa di una malattia. Erano anni particolarmente travagliati e difficili per la Spagna. Nei decenni appena precedenti essa aveva perso buona parte dei suoi possessi coloniali dell’America meridionale, con la proclamazione dell’indipendenza di Venezuela, Argentina, Cile, Perù ed Ecuador. Solo Cuba era rimasta sotto il dominio spagnolo. Nel 1833, alla morte di Ferdinando VII, era salita al trono la figlia Isabella II sotto la reggenza della regina madre Maria Cristina. Ma una parte del mondo politico spagnolo, temendo che la reggente favorisse il ritorno al potere dei liberali, appoggiò le pretese al trono del fratello del defunto sovrano, don Carlos, conosciuto per le sue posizioni politiche e religiose reazionarie. Il “movimento carlista”, che trovò appoggi in Catalogna e nelle regioni settentrionali, fu sostenuto dalla maggioranza del clero e diede inizio a un’insurrezione contro Isabella. Essa provocò la reazione dei liberali, che si ispiravano alla Costituzione di Cadice del 1812, e l’inizio di violenti moti anticlericali, con incendi di conventi e massacri di religiosi. La distensione ebbe inizio solo alla metà degli anni Quaranta, quando il governo iniziò a retrocedere dalle sue posizioni, mentre alcuni vescovi illuminati comprendevano che un regime il quale riconoscesse le libertà costituzionali avrebbe potuto procurare alla Chiesa una indipendenza nell’apostolato che avrebbe largamente compensato la perdita di alcuni privilegi. Al suo ritorno in Spagna, Antonio Claret si consacrò alle missioni popolari itineranti. Tra 1841 e 1847 percorse quasi tutta la Catalogna, spostandosi a piedi da un paese all’altro, avvicinandosi alla gente umile e semplice e predicando instancabilmente il Vangelo, ascoltato da folle numerose. Gli interessava che il messaggio evangelico arrivasse in modo credibile agli uomini cui si rivolgeva e li liberasse. Si trattava però di un’attività mal vista dal governo, che la ritenne una propaganda di stampo “carlista” e accusò Antonio di essere un fautore del movimento. Su invito del vescovo delle Canarie, Antonio si trasferì allora per un anno in quelle isole, dove continuò la sua opera di apostolato. Al ritorno riprese con rinnovato fervore la sua attività missionaria, e alla parola predicata aggiunse anche quella stampata. Creò una casa editrice, la Libreria religiosa, che pubblicava opuscoli e libretti a diffusione popolare. Nel luglio del 1849 fondò la Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, nell’intento di assicurare un aiuto alla Chiesa in un tempo in cui la vita religiosa tradizionale era fortemente ostacolata dal governo. Nel 1850 fu nominato arcivescovo di Santiago di Cuba, e nel giorno della sua consacrazione aggiunse al proprio nome quello di Maria. La diocesi era da lungo tempo priva di pastore e soffriva di gravi problemi sociali. Antonio Maria Claret iniziò un lavoro di riorganizzazione delle parrocchie, creando in ognuna di esse istituzioni paragonabili alle casse di risparmio, istituì biblioteche popolari e avviò la pratica delle missioni itineranti. Nel 1855, con Madre Antonia Paris, fondò l’Istituto apostolico di Maria Immacolata per l’educazione delle ragazze. Si prodigò per le vittime dei ripetuti terremoti ed epidemie che in quegli anni colpirono Cuba. L’attività pastorale e sociale del vescovo e il suo impegno nella lotta contro la schiavitù non mancarono di suscitare contrasti e opposizioni, e il presule subì minacce e attentati, in uno dei quali rimase ferito.

 Nel 1857 lasciò l’isola, richiamato in patria dalla regina Isabella che lo volle come suo confessore. Si stabilì allora a Madrid, dove, pur rifiutandosi di in tervenire nelle vicende politiche, esercitò un rilevante influsso sulla sovrana. Fu nominato protettore del santuario di Montserrat e presidente del patronato reale dell’Estoril, da lui trasformato in un centro di spiritualità e di promozione sociale. Nonostante gli impegni a corte, anche   nella capitale dispiegò un’intensa attività, predicando instancabilmente e occupandosi di un gran numero di iniziative a favore dei poveri. Nell’uso dei mezzi fu sempre flessibile: la sua preoccupazione era raggiungere quante più persone possibile. La sua fu una spiritualità preoccupata della fedeltà alla missione. Spicca la sua attenzione per la promozione dei laici: “In questi ultimi tempi” affermava “sembra che Dio voglia che i laici abbiano una parte nella salvezza delle anime”. L’esperienza di Cristo si era mutata molto presto in lui nell’esperienza della Chiesa e delle sue esigenze: non bastava convertire, occorreva rinnovare spiritualmente la Chiesa, le sue istituzioni e i suoi uomini. Antonio Maria Claret seppe unire la predicazione evangelica all’apostolato della carità e alla pastorale dei mezzi di comunicazione, attraverso in uso moderno e popolare di libri e opuscoli. Nel 1868 il trono di Isabella II fu rovesciato da una rivolta che vide uniti militari, partiti politici e popolazione civile. Antonio Claret accompagnò la famiglia reale nell’esilio di Parigi. Partecipò poi attivamente al concilio Vaticano I, intervenendo a sostegno dell’infallibilità pontificia. Ammalatosi mentre era a Roma, fece ritorno in Francia, dove morì nel monastero di Fontfroide il 24 ottobre 1870. Fu beatificato da Pio XI nel 1934 e canonizzato da Pio XII nel maggio del 1950.