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27/11/2017

San Virgilio di Salisburgo

Onorato da vivo e da morto, ma poi dimenticato, questo santo è stato riscoperto nella sua diocesi quasi cinque secoli dopo, e canonizzato. Poi, per altri cinque secoli, rieccolo ancora “precario”, prima di essere infine registrato nel Martirologio romano. Virgilio (Vergilius) è la trasposizione latina di Fergal, il suo nome d’origine nella lingua celtica dell’Irlanda, l’isola che non fu mai soggetta all’Impero romano e che divenne cristiana con la predicazione di san Patrizio (morto nel 461). Qui ha preso vita una Chiesa non strutturata su diocesi e parrocchie, bensì sui monasteri e i loro abati, guide spirituali dei monaci e delle popolazioni. Anche Virgilio percorre questo cammino, monaco e poi abate, legato alle regole che nel monachesimo irlandese sono molto dure; come del resto è dura la vita della gente. Numerosi monaci d’Irlanda hanno poi continuato l’opera di Patrizio in direzione opposta: dall’Irlanda raggiungevano la Scozia e l’Inghilterra, o sbarcavano in Europa, nelle regioni non ancora stabilmente cristianizzate: in Francia, in Germania e in Italia, dove il monaco Colombano, morto nel 615, ha fondato il monastero di Bobbio (Piacenza). La tradizione “continentale” dei monaci d’Irlanda continua con l’abate Virgilio. Durante uno dei suoi viaggi-pellegrinaggi in Francia, si ferma a studiare nel monastero di Quierzy-sur-Oise, presso Laon. E in quest’occasione viene presentato al nuovo padrone della Francia: Pipino, detto “il Breve” perché è piccoletto, il quale ha messo fine al potere dei sovrani merovingi. Pipino ha esteso la sua sovranità anche alla Baviera e a parte dell’Austria, e vuole fare di Virgilio il vescovo di Salisburgo. Lui accetta subito. Anzi, comincia a fare il vescovo ancora prima di essere consacrato. Ma lì sul posto viene subito combattuto come abusivo da chi non gradisce il suo dinamismo e il suo rigore. Sembra che debba poi correre a Roma per la consacrazione. Lavora a Salisburgo e nelle campagne come in Irlanda, su due priorità: istruzione religiosa e soccorso ai poveri. E usa le sue solite forze di prima linea: i monaci. Specialmente quelli di Innichen (San Candido, Alto Adige) e di Kremsmünster, nella diocesi di Linz. L’efficacia del suo lavoro è documentata dal fatto più convincente: lui, il forestiero accolto con diffidenza, ora è richiesto da tante parti; città e paesi vogliono i suoi missionari. A Salisburgo fa costruire la cattedrale, centro solenne e stabile di una comunità che va facendosi adulta. E quando muore, viene sepolto lì, con grandi onoranze. Onorato e poi dimenticato. Quattrocento anni circa dopo la morte, un incendio distrugge la cattedrale: e, negli scavi per la ricostruzione, ecco che inaspettatamente si ritrova la sua bara. È come se Virgilio fosse appena morto: si diffondono voci di miracoli, si raduna gente in preghiera. La figura del vescovo d’Irlanda riemerge dal silenzio: se ne richiede la canonizzazione. Nel 1230 il processo canonico incomincia, si raccolgono le testimonianze da mandare a Roma. Nel 1233, Gregorio IX proclama santo il vescovo Virgilio. Nel 1740 il suo nome sarà accolto nel Martirologio romano.