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18/04/2018

San Galdino

Settembre 1847. A Milano, ancora sotto il dominio degli Asburgo, entra il nuovo arcivescovo, festeggiatissimo perché è italiano (Bartolomeo Romilli) mentre il predecessore era austriaco. Si erigono in suo onore tre archi di trionfo, dedicati a sant’Ambrogio, a san Carlo e a san Galdino: ma la scritta in onore di quest’ultimo viene fatta sparire dal governo, perché allude troppo.
Galdino, infatti, è strettamente legato alle lotte di Milano, e di altre città lombarde, contro Federico I Barbarossa.
Figlio di piccoli nobili, Galdino è nato a Milano nel 1096, avviandosi poi alla vita ecclesiastica. Nel 1160 è arcidiacono della cattedrale, e lo troviamo con l’arcivescovo Oberto al campo dei milanesi. Nel 1162 assiste alla distruzione della città ordinata dall’imperatore. Lui e l’arcivescovo sono schierati con Alessandro III, eletto papa nel 1159 da una parte dei cardinali, mentre altri eleggevano il filo-tedesco Ottaviano dei Monticelli col nome di Vittore VI. Scisma nella Chiesa, dunque: papa e antipapa. In Milano, Oberto proclama la scomunica di Federico come responsabile dello scisma. Nel 1165 Galdino viene nominato cardinale. Ora deve seguire il papa nei suoi spostamenti; e nel marzo 1166 si trova appunto con Oberto a Benevento, a fianco di Alessandro III. Ma durante il soggiorno Oberto muore, e il papa nomina Galdino suo successore. Lui deve raggiungere la Lombardia clandestinamente, travestito da pellegrino, e in città lo accolgono le rovine. Nel 1167, infine, dopo cinque anni terribili, incomincia la ricostruzione, e uno dei protagonisti è lui.
Riorganizza la Chiesa in Lombardia, confermandola nella fedeltà ad Alessandro III, e pianifica il soccorso ai poveri che si sono moltiplicati: quelli di prima, e quelli di miseria recente, i carcerati per debiti.
Rimesse in piedi le strutture fondamentali per miserie vecchie e nuove, dice agli amministratori (anzi, fa incidere sulla pietra): “Voi siete qui solo per servire i poveri”. “Strappa il patrimonio della Chiesa dalle fauci dei rapinatori” dice una sua biografia. Restaura la cattedrale, aiutato da donne milanesi che donano i pochi gioielli salvati dai saccheggi del Barbarossa. E ricomincia da capo a insegnare le preghiere, a pretendere il canto degno di Dio e del suo popolo. Predica instancabilmente. Anzi, muore sul pulpito della chiesa di Santa Tecla, dopo un sermone. E in questo stesso anno la Lega lombarda vince la battaglia di Legnano. Per questo, ancora nel 1847, il nome di Galdino risulta sospetto al governo austro-ungarico. Lo stesso Alessandro III lo proclama santo. E nel XIX secolo il Manzoni darà il suo nome al loquace frate questuante dei Promessi Sposi. Fra Galdino: anche in memoria, pensiamo, del pane per i poveri che per molto tempo in Milano si chiamò appunto “pane di san Galdino”.