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02/04/2018

San Francesco di Paola

Francesco di Paola, fondatore dell’Ordine dei Minimi, è una delle figure più rappresentative e popolari della Chiesa cattolica. Si può affermare che egli ha caratterizzato la storia della Calabria e del Sud dell’Italia, facendosi voce degli ultimi, degli emarginati, dei poveri e degli oppressi, i quali vedevano in lui il loro difensore. Amato dal popolo, fu anche riverito e temuto dai potenti, dei quali non esitava a riprendere con coraggio vizi e soprusi.Dio lo gratificò di carismi straordinari, che gli guadagnarono la fama di autentico taumaturgo del secolo XV. Quando venne al mondo, il 27 marzo 1416, i genitori che erano ormai avanti negli anni e avevano perso la speranza di un figlio, fecero voto di chiamarlo Francesco in onore del poverello di Assisi e quando il piccolo arrivò all’età di dodici anni, lo collocarono presso i frati Minori Conventuali di San Marco Argentano perché vestisse il saio francescano per un anno, come si usava fare allora, in adempimento dello stesso voto. Lì il ragazzo dimostrò ben presto una maturità spirituale che non mancò di sorprendere i religiosi più anziani, e rivelò specialissimi doni soprannaturali: tra questi la bilocazione, per cui fu visto contemporaneamente servire la messa in chiesa e apparecchiare la tavola nel refettorio. Questi fenomeni attirarono su di lui l’attenzione dei frati e della gente e, infine, anche del vescovo, il benedettino Luigi Imbriaco, che volle conoscerlo di persona fermandosi spesso a parlare con lui. Scaduto l’anno votivo, il giovane preferì tornare a casa, nonostante le insistenze dei francescani che lo avrebbero voluto con loro in convento. Nel 1429 insieme ai genitori si recò in pellegrinaggio a Assisi; toccando nel suo complesso itinerario anche Montecassino, per pregare sulla tomba di san Benedetto; Loreto e la “santa Casa” che vide l’infanzia di Gesù; Monte Luco presso Spoleto, dove nel 1218 san Francesco aveva fondato un convento, e finalmente Roma. La città eterna però gli provocò una specie di shock: abituato alla povertà evangelica dei frati di San Marco Argentano, lui che era giunto nel centro della cristianità per pregare sulle tombe dei martiri, incrociando per le strade gli sfarzosi cortei dei nobili, gli capitò di veder passare il cardinale Giulio Cesarini in una lussuosa carrozza e, pensando che un autorevole esponente della Chiesa avrebbe dovuto piuttosto trovarsi accanto ai poveri e ai rifiutati dalla società, si accostò alla vettura dicendo: “Gli apostoli di Gesù non andavano con tanto lusso!”. Il cardinale, che era uomo di Dio, non la prese male, anzi rispose con dolcezza all’ignoto interlocutore:
“Figlio mio”, disse, “non ti scandalizzare. Se non facessimo così, la Chiesa e la nostra dignità di apostoli sarebbero alquanto disprezzate e calpestate dagli uomini”. Nelle varie tappe del pellegrinaggio, Francesco maturò una decisione che comunicò ai genitori non appena giunsero alle porte di Paola: lui non sarebbe tornato a casa, ma si sarebbe fermato nei dintorni per vivere da eremita. Il suo primo rifugio fu una grotta distante circa un chilometro dal paese, poi però fu costretto a spostarsi in altri luoghi solitari, nella zona del Mercurion, per poter pregare in pace senza essere oggetto di curiosità da parte dei suoi compaesani. “Visse per cinque anni”, così leggiamo nella testimonianza di un suo discepolo, “cibandosi solo di erbe crude che crescevano in quella terra. Ciò non deve stupirci, perché Dio opera grandi cose nei suoi santi”. Ma anche questo rifugio fu scoperto dai paolani molti dei quali, appartenenti alle più svariate classi sociali, andavano da lui per avere consigli e trovare conforto. Cominciarono ad arrivare – attratti da questo stile di vita evangelico – anche i primi compagni: Fiorentino di Paola, Angelo Alipatti di Saracena e Nicola di San Lucido, per i quali Francesco costruì tre cellette e una chiesetta per uso liturgico. Poi, dopo cinque anni, cominciò a vestire questi compagni con lo stesso suo abito: nascevano così nel 1436 gli Eremiti di fra Francesco, primo nucleo di quelli che, per volontà di papa Alessandro VI, nel 1493, sarebbero stati chiamati frati dell’Ordine dei Minimi. Minimo, nella spiritualità di Francesco di Paola, è colui che sta con gli “ultimi”, con gli emarginati della vita quotidiana. Nel 1450 anche il padre del santo, essendogli morta la moglie, entrò nella comunità. Una caratteristica che si trova già negli statuti dati ai primi discepoli è l’osservanza del regime di vita quaresimale per tutto il tempo della loro vita, che si concretizzerà in un quarto voto, accanto a quelli classici di povertà, castità e obbedienza: il voto di “quaresima perpetua”, cioè niente carne, uova, formaggio o latticini, salvo in caso di malattia e su ordine delmedico. Una dieta che ha effetti positivi, dal momento che l’Ordine dei Minimi detiene oggi il record di religiosi longevi. Rivelatisi insufficienti i primi locali per l’afflusso di nuove reclute, Francesco fu costretto a costruirne altri più grandi e più idonei; sorsero poi i conventi di Paterno, Spezzano della Sila e Corigliano. Nello stesso tempo aumentava il potere taumaturgico del santo soprattutto a favore degli infermi e dei bisognosi: si parla di guarigioni prodigiose operate su paralitici, lebbrosi, ciechi e indemoniati e addirittura della resurrezione di un nipote, Nicola, figlio di sua sorella Brigida, che era morto da due giorni e la cui salma era già stata collocata in chiesa per le esequie. Poiché era calata la sera, Francesco rimandò il funerale al mattino seguente, poi preso il cadavere, lo portò nella sua cella e poche ore dopo Nicola era tornato vivo.

I poveri e gli oppressi stavano particolarmente a cuore al santo, che denunciava senza peli sulla lingua le malversazioni dei potenti, minacciando castighi divini a chi abusava del proprio potere. Al re Ferrante di Aragona disse chiaro e tondo che stava proteggendo dei criminali; costui, infuriato, per farlo tacere mandò dei soldati con l’ordine di catturarlo ma, mentre pregava davanti al santissimo Sacramento, Francesco si rese invisibile a loro, poi si fece riconoscere e al comandante della truppa (una quarantina di uomini) offrì del pane e del vino prodigiosamente moltiplicati. Un altro miracolo che lo additò all’ammirazione di tanti è quello compiuto quando si stava recando in Sicilia per fondarvi un convento a Milazzo. Al momento di passare lo stretto, chiese a un barcaiolo di traghettarlo, ma quello si rifiutò. Allora Francesco stese il proprio mantello sulle acque, ne legò l’estremità alla cima del suo bastone e così “veleggiò” fino a Messina tra lo stupore generale. Una prima approvazione della Regola dei frati la diede nel 1471 l’arcivescovo Pirro Caracciolo, che si recò a Roma per riferirne al papa Sisto IV, il quale, dopo un’inchiesta che risultò assai positiva, diede la sua approvazione nel 1474. La fama di santità dell’eremita di Paola arrivò fino in Francia e poiché il re Luigi XI era affetto da un male incurabile, gli mandò il suo maggiordomo per convincerlo a recarsi da lui, ma il santo rifiutò, nonostante che anche re Ferrante insistesse in tal senso. Il sovrano francese si rivolse allora al papa il quale, avendo delle questioni in sospeso con la Francia, convinse Francesco a partire. Durante il viaggio il santo operò molti miracoli. A Napoli fu accolto da una folla enorme che rischiò addirittura di soffocarlo. Re Ferrante, ricevutolo a corte, gli offrì delle monete d’oro in un ricco vassoio, ma il santo, dopo averne spezzata una con le dita sotto gli occhi del sovrano, che ne vide sprizzare sangue, disse: “Sire, questo è il sangue dei tuoi sudditi che tu opprimi e che grida vendetta al cospetto di Dio”. A Roma Sisto IV pensava di ordinarlo sacerdote, ma Francesco non si ritenne degno. Il papa gli affidò comunque alcuni delicati compiti presso la corte di Luigi XI, che furono svolti tutti con esito positivo. In Francia, l’eremita liberò Bormes e Fréjus da una terribile epidemia dipeste che aveva causato la morte di quasi la metà della popolazione. Poi a Tours, nel castello di Plessis-du-Parc, fu ricevuto dal sovrano infermo che lo consultava spesso, sperando di ottenere la guarigione. Non gli fu concessa; tuttavia, Luigi morì dopo aver riparato molti soprusi e regolato le questioni con la Santa Sede. Ritenendo ultimata la sua missione, Francesco voleva tornarsene in Calabria, ma prima la reggente Anna di Beaujeu e poi il nuovo re Carlo VIII, si opposero. La sua presenza ebbe un influsso notevole su quanti entrarono in contatto con lui. Di quel periodo ci sono pervenute numerose testimonianze estremamente eloquenti circa la sua umiltà, l’austerità della sua vita, la sua pietà eucaristica e mariana, che fecero di lui il punto di riferimento dei pellegrini e l’ispiratore del movimento riformatore in Francia. Tra i suoi ammiratori, il medico Filippo de Commynes, che nelle sue Mémoires lo ricorda con entusiasmo; alcuni docenti della prestigiosa università della Sorbona; il padre Francesco Binet, che gli successe nella direzione dell’Ordine; e santa Giovanna di Valois, figlia di Luigi XI, fondatrice dell’Ordine dell’Annunziata. In Francia, il santo perfezionò le Regole, approvate in seguito da Alessandro VI, nel 1493, fondò il secondo e il terzo ordine e cominciò la Devozione dei tredici venerdì della Passione. Si spense il 2 aprile 1507 a Plessis-les-Tours, dove fu sepolto. Era il venerdì santo e circa le 10 del mattino: in quel momento egli stava seguendo il canto del Passio – il racconto della Passione di Gesù secondo Giovanni – durante la messa e quando il lettore pronunciò le parole “Et inclinato capite, tradidit spiritum”, Francesco spirò. Aveva 91 anni e 6 giorni. La sua forte personalità si impose al punto che subito dopo la sua morte fu aperto il processo di beatificazione da Giulio II. Ma fu il suo successore, Leone X, a condurlo a termine, dichiarando l’eremita calabrese beato il 7 luglio 1513 e canonizzandolo il 1° maggio 1519. Gli ugonotti nel 1562 ne bruciarono il corpo trovato ancora incorrotto. Nel 1943 Pio XII lo proclamò patrono della gente di mare. Alla sua figura si sono ispirati celebri artisti (Giulio Romano, Mattia Preti, Luca Giordano, Guido Reni, Murillo, Velasquez, Rubens, Goya, per citarne alcuni), letterati tra cui Victor Hugo, musicisti come Scarlatti e Liszt, mentre non si contano le chiese e le basiliche a lui dedicate in Europa e in America. La sua festa è celebrata con particolare solennità nel Sud dell’Italia: a Paola si suole portare la sua statua in processione sul mare, a ricordo della sua prodigiosa “traversata” dello stretto.

(di Angelo Montonati)