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25/07/2018

San Cristoforo di Dorino Tuniz

La figura di Cristoforo è tra le più complesse dell’agiografia, perché riunisce in sé elementi storici accanto ad altri leggendari, che spesso lo hanno fatto identificare con miti pagani di vari popoli, come quello del dio egiziano Anubis, rappresentato sotto l’aspetto di uomo con la testa di cane, oppure di Ercole ed Ermete. Contro i dubbi sulla reale esistenza di questo martire stanno le numerose testimonianze dell’antichità del suo culto, attestate a partire dal V secolo, come la chiesa in suo onore fatta erigere nel 452 dal vescovo di Costantinopoli Eulalio, o il monastero di Taormina a lui dedicato e ricordato da papa Gregorio Magno sul finire del VI secolo. Se nei racconti della vita di Cristoforo elemento comune è la volontà di dimostrare come le sue straordinarie doti di forza e di coraggio furono orientate al servizio di Dio e del prossimo, la figura del santo appare tratteggiata in modo diverso a seconda che si tratti di legenda e del mondo orientale o di quello occidentale. Cristoforo era un guerriero di corporatura gigantesca e di forza straordinaria, dal volto terribile di cane (era cinocefalo, cioè dalla testa di cane, secondo una iconografia religiosa molto diffusa nel mondo orientale, ma penetrata anche in quello occidentale). Entrato come soldato nell’esercito imperiale, si convertì al Cristianesimo e divenne un attivo apostolo del messaggio di Cristo fra i commilitoni, che riuscì a convertire in gran numero. Quando, durante l’interrogatorio, il giudice gli chiese come si chiamasse, egli rispose: “Prima del battesimo mi chiamavo Reprobo, ora mi chiamo Cristoforo”. Affrontò con fermezza il martirio nella regione della Licia (il 25 luglio, secondo il Martirologio geronimiano) subendo vari tormenti, dai quali uscì illeso, prima di essere decapitato.

Al nome ricevuto al momento del battesimo, Cristoforo, cioè “portatore di Cristo”, si ricollega il racconto della vita del santo diffusosi in Occidente e divulgato dalla Legenda aurea di Jacopo da Varazze. Vi si narra che Cristoforo era di stirpe cananea. Desideroso di porsi al servizio di qualcuno che fosse per potenza superiore a tutti, si mise alle dipendenze prima di un grande re, poi del diavolo e infine di Cristo. Un eremita lo iniziò alla vita cristiana, e Cristoforo fu attratto non dal digiuno, che era incapace di praticare, né dalla preghiera, una esperienza a lui sconosciuta, ma dalla prospettiva dell’amore e del servizio al prossimo. Stabilitosi sulla riva di un largo fiume, pieno di pericoli, aiutava i viandanti a traghettarlo, appoggiandosi a un bastone, ma soprattutto avvalendosi della sua gigantesca statura e della straordinaria forza fisica. Un giorno giunse alla riva del fiume un bambino. Cristoforo se lo caricò sulle spalle ed entrò come al solito nel fiume per passare all’altra sponda. Ma le acque cominciarono a gonfiarsi, la corrente a farsi sempre più forte, mentre il bambino sembrava pesare come il piombo, e gravava con un peso insopportabile sulle spalle di Cristoforo, tanto che questi temette di affogare. Arrivato a riva con molta fatica, Cristoforo posò a terra il bambino e gli disse: “Pesavi talmente, che soltanto portando tutto il mondo sulle spalle avrei sentito un peso maggiore”. Il bambino gli rispose: “Cristoforo, sulle tue spalle non soltanto hai portato tutto il mondo, ma anche colui che ha creato il mondo. Io infatti sono Cristo, il tuo re, colui che servi con il tuo lavoro. Per convincerti che ti ho detto il vero, pianta il tuo bastone davanti alla capanna, e domani vedrai che ha fatto foglie e fiori”. Alla mattina, svegliandosi, Cristoforo trovò che il bastone aveva fatto foglie e datteri come una palma. Nel racconto non è difficile vedere influssi del mondo classico in qualche modo cristianizzati, come il mito di Ercole che porta Eros.

Tutte le fonti ispiratrici della leggenda di Cristoforo mettono in evidenza la volontà di dar risalto alla prospettiva cristiana e a porre in dimensione eroica la testimonianza di fede e l’esercizio della carità inteso come omaggio a Dio. Il culto di san Cristoforo fu diffusissimo, soprattutto in età medievale, quando egli fu inserito fra i quattordici santi ausiliatori. La devozione a Cristoforo si espresse in molte forme. La sua protezione era ritenuta efficace contro la fame, la pestilenza, la “mala morte”, i grandi flagelli e le calamità naturali. Ma il santo era venerato soprattutto da viandanti e pellegrini che affrontavano i viaggi alpini e la traversata dei fiumi. Si usava in prossimità dei guadi dipingerne l’immagine in dimensioni enormi, perché la si potesse scorgere da lontano, nella convinzione che bastasse uno sguardo alla sua figura per essere protetti dai pericoli del cammino, soprattutto durante l’attraversamento dei fiumi. Anche da particolari del racconto della sua vita nacquero motivi di devozione. Nel ricordo del bastone fiorito dopo il trasporto del Bambino Gesù, il santo divenne il protettore dei fruttivendoli. Ma Cristoforo fu soprattutto il patrono dei portalettere, dei facchini, degli scaricatori e di quanti esercitavano un lavoro pesante e rischioso. Tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna la devozione andò diminuendo, e certi aspetti che essa aveva assunto, molto vicini alla superstizione, furono combattuti non solo dagli umanisti e poi dai protestanti, ma anche dai cattolici dopo il concilio di Trento. Tuttavia ancora nel secolo XX san Cristoforo è stato scelto come protettore dei viaggiatori, e in particolare degli automobilisti. L’iconografia di san Cristoforo è sterminata, e la si ritrova lungo tutti i secoli. Un elemento costante fu la rappresentazione del santo in proporzioni gigantesche, raffigurato sulle vetrate delle chiese, all’interno e all’esterno delle cattedrali e nelle miniature dei libri d’ore. In Oriente è frequente nelle rappresentazioni la cinocefalia, riscontrabile in qualche caso anche nell’Europa Occidentale, dove però prevalsero i tratti giganteschi ma non mostruosi.