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04/03/2018

San Casimiro

Gli Jagelloni sono una dinastia di origine lituana, prolifica e potente, che nel Quattrocento e Cinquecento regna per generazioni su vari troni d’Europa: dalla Lituania alla Polonia alla Boemia all’Ungheria. Casimiro, il futuro santo, nasce nel 1458 a Cracovia, da Casimiro IV re di Polonia e dalla regina Elisabetta d’Asburgo. È il terzo di tredici figli, e quattro dei suoi fratelli saranno sovrani: Ladislao in Boemia e poi in Ungheria,  Giovanni Alberto in Polonia, Alessandro in Lituania, e poi in Polonia; infine, Sigismondo, in Polonia prima e  in Lituania poi. Anche Casimiro si trova destinato a una corona regia nel 1471, quando ha appena tredici anni. È quella d’Ungheria, governata da un grande combattente contro i Turchi, Mattia Corvino, che una  parte della nobiltà locale vorrebbe detronizzare. Ma l’impresa fallisce: Mattia Corvino resta al potere. E Casimiro, che era stato già condotto in Ungheria, ritorna in Polonia nel 1472. Due anni dopo si stabilisce, sedicenne, a Cracovia, polo culturale del paese, sede dell’università jagellonica fin dal 1364 Qui il giovane continua a studiare, sotto la guida del canonico e storico Ian Duglosz, educatore anche dei suoi fratelli. Viene in contatto con le opere latine degli umanisti italiani allora viventi, come i Fatti e detti del re Alfonso d’Aragona, di Antonio Beccadelli detto “il Panormita”. Conosce il Trattato sull’educazione dei bambini, di Enea Silvio Piccolomini, cantore anche di storie amorose e futuro papa Pio II. E incontra di persona a Cracovia lo storico Filippo Bonaccorsi di San Gimignano, coinvolto a Roma in una congiura contro il  pontefice Paolo II, e fuggiasco in Polonia, dove Casimiro IV si avvale di lui come insegnante dei figli, consigliere regio, diplomatico presso varie corti d’Europa e presso l’imperatore di Costantinopoli. Segue anche gli affari di stato, il giovane Casimiro. Assiste ai consigli della corona. E nel 1481 addirittura governa al posto di suo padre, che ha dovuto trasferirsi in Lituania lasciando lui come una sorta di luogotenente. Casimiro è un principe che già respira aria di Rinascimento. Elegantemente modesto, governa in nome di suo padre, ma non cessa mai di presentarsi come “figlio secondogenito del re” per sottolineare la propria collocazione subalterna. In lui si riconosce facilmente la stoffa del futuro regnante, lucido e preparato. Ma non è tutto lì. C’è anche stoffa di asceta in questo principe. Con le opere degli umanisti d’Italia, gli sono ugualmente familiari quelle di san Bernardo di Chiaravalle. Infine, quando si tratta di sposarlo adeguatamente – a chi dovrà regnare occorrono moglie di stirpe regia e un buon numero di figli – ecco venir fuori l’altro Casimiro: quello che non è soltanto ben preparato in dottrina cristiana, ma ormai è pure legato dal voto di castità. E questo fa di lui un futuro monarca di specie mai vista: dedito alle cose dello stato per fedeltà agli interessi dinastici, tradizioni, senso del dovere; per quello che oggi si chiamerebbe spirito di servizio. Casimiro non disprezza affatto la politica, non è un personaggio da Tebaide, dimostra di non voler disprezzare né voler fuggire il mondo. Certo, gli manca ogni occasione per mostrare quella che al tempo è considerata ancora dote primaria dei re, ossia la tempra di uomo di guerra (e d’altra parte, con i turchi nel cuore dell’Europa…). E verosimilmente Casimiro non ce l’ha, questa stoffa di soldato. Ma non gli fa certo difetto l’energia nella difesa dello stato e dei deboli: il fenomeno del brigantaggio lo sa affrontare con tutta l’energia che occorre. Ma proprio non sembrano esaltarlo le campagne di conquista: si mostra più assiduo ai Consigli della Corona che alle parate di truppa. Studi e amicizie lo orientano verso un’immagine moderna di sovrano, sempre attenta a interessi nuovi, e meno spadaccina. Questo è Casimiro, ornamento e problema per la dinastia jagellonica. Promettente come futuro sovrano – e in parte già collaudato – ma ormai con occhi puntati verso traguardi differenti. Appena la situazione politica lo consente, Casimiro lascia Cracovia per Vilna (oggi Vilnius) in Lituania. Dalle questioni di stato passa alle letture ascetiche, alle pagine mariane di Bernardo di Chiaravalle. La sua giornata, ora, è fatta di messa, preghiera, libri, povera gente da soccorrere. Ma non più da sovrano. Casimiro, ora, è per chiunque un fratello. Ma fragile. Uno che ormai ha bisogno di aiuto per muoversi, per reggersi. Muore, nel 1482, a ventisei anni di una malattia da malnutrito: la tubercolosi. Lo seppelliscono nella cattedrale di Vilna, dove suo padre ha fatto costruire una cappella dedicata alla Madonna. Trentasette anni dopo, nel 1521, il papa Leone X decide la sua canonizzazione. Un anno dopo la conferma il successore, Adriano VI. Con Paolo V, nel 1621, il culto per san Casimiro viene esteso alla Chiesa universale. Venerato in tutta Europa, Casimiro diviene patrono della Polonia e della Lituania. Nel Settecento, emigrati polacchi danno il suo nome a una cittadina del Quebec: Saint-Casimir, lungo il fiume San Lorenzo.