Suor Cristina che canta la Buona Novella (e non solo)
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La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia (dall'esortazione apostolica "Evangelii Gaudium")
Partiamo dalla fine. O, per essere precisi, dal ventesimo secondo della sua esibizione, quando lo stupore iniziale si è trasformato in ovazione. Subito dopo J-Ax, un tipaccio che fa rap da quando il rap è sbarcato in Italia, si volta, la mette a fuoco. È sbalordito. Come Noemi, una che da perfetta sconosciuta si è trovata a cantare davanti a migliaia di persone, che è abituata alle sorprese. Come Piero Pelù, che delle sorprese ha fatto il suo marchio di fabbrica. Come la frangetta più famosa d’Italia, Raffaella Carrà, che, al termine dell’esibizione, e di una standing-ovation che non finisce più, sgrana gli occhi e dice: “C’è un’energia pazzesca, sono confusa…”.
Lei, invece, sembra perfettamente a suo agio.
“Come ti chiami?”
“Suor Cristina.”
“Sei una suora… vera?”
“Sono una suora verissima!”
Già, perché Cristina Scuccia, venticinquenne di Comiso, provincia di Ragusa, è una orsolina della Sacra Famiglia, che il 29 luglio confermerà i voti di castità, obbedienza e povertà.
Cristina ama la musica da sempre: “Il mio obiettivo”, racconta a Credere nel luglio scorso, “era raggiungere il successo”.
Cristina voleva cantare. Diventare famosa. Il resto (il fidanzato, il lavoretto al call center, l’università) non contava: “Dopo la Cresima mi ero allontanata dalla Chiesa ed ero arrabbiata con il Signore. Per me contava solo andare alle lezioni di canto, frequentare l’Accademia di Spettacolo a Catania, farmi vedere nelle piazze e ai matrimoni con la mia band”.
Cristina passava ore e ore davanti alla televisione, sognando di entrare nella scuola di “Amici” di Maria De Filippi o a X-Factor.
“Però”, racconta, “mancava qualcosa dentro di me.”
Lo trova quando Claudia Koll, la direttrice della Star Rose Academy, la scuola di spettacolo fondata dalle orsoline, la sceglie come protagonista del musical su suor Rosa Roccuzzo, l’ispiratrice dell’ordine. Cristina si trasferisce a Roma, frequenta l’accademia, sente che sta per realizzare il suo sogno. Tuttavia “le provocazioni che un secolo prima suor Rosa aveva lanciato sul dono della propria esistenza” le ronzano dentro.
Giorno dopo giorno il Signore prende spazio nella sua vita. D’altra parte, racconta Claudia Koll, “vedevo che Cristina aveva talento e mi sarebbe piaciuto che continuasse su quella strada. Ma poi ho capito che, quando il Signore chiama, non c’è alternativa.” Dopo un periodo di dubbi e riflessioni, Cristina decide: lascia l’accademia, entra in convento. I suoi compagni sono stupiti: “Hai tutte le carte per sfondare, chi te lo da fare di chiuderti in convento? Ti rendi conto, stai sprecando un dono…”.
Il dono, già. Che ci fa tornare al principio. A quando la Raffaella nazionale chiede “Cosa ne pensano in Vaticano?” e lei risponde: “Non so, al massimo mi aspetto una telefonata da papa Francesco...". In fondo, spiega, il Santo Padre ci ha invitato a mostrare che Dio non toglie, al contrario. Ci ha spinto ad aprirci, a rivolgerci a chi è lontano da Cristo e dalla Chiesa, a portare la nostra testimonianza: “Io lo faccio a modo mio, ho un dono e lo dono”. Come a dire: cantare, per me, è un modo per lodare il Signore, per farmi più vicina. .
D’altra parte, annunciare il Signore è gioia: “È proprio lo Spirito”, ha detto Bergoglio in una omelia in Santa Marta, “che ci guida: Lui è l'autore della gioia, il Creatore della gioia. E questa gioia nello Spirito, ci dà la vera libertà cristiana. Senza gioia, noi cristiani non possiamo diventare liberi, diventiamo schiavi delle nostre tristezze […]. Tante volte i cristiani hanno faccia di andare più ad un corteo funebre che di andare a lodare Dio, no? E da questa gioia viene la lode”.
La gioia e il sorriso, due parole ricorrenti nel Santo Padre. Basta leggere con attenzione l’Evangelii Gaudii,
di cui riportiamo alcuni stralci: "Il Signore vuole utilizzarci come
esseri vivi, liberi e creativi, che si lasciano penetrare dalla sua
Parola prima di trasmetterla. Il suo messaggio deve passare realmente
attraverso il predicatore, ma non solo attraverso la ragione, ma
prendendo possesso di tutto il suo essere […]. Alcuni credono di
poter essere buoni predicatori perché sanno quello che devono dire,
però trascurano il come, il modo concreto di sviluppare una predicazione.
Si arrabbiano quando gli altri non li ascoltano o non li apprezzano, ma
forse non si sono impegnati a cercare il modo adeguato di presentare il
messaggio […]. Il problema non sempre è l’eccesso di attività, ma
soprattutto sono le attività vissute male, senza le motivazioni
adeguate, senza una spiritualità che permei l’azione e la renda
desiderabile.”
Bergoglio parla di accidia pastorale, di chi vive la
missione senza convinzione, senza adesione, senza una spiritualità che
permea ogni parola e azione (Franceco parla di cristiani trasformati in
“mummie da museo”). O di chi riduce la fede e la Chiesa all’ambito
privato e intimo. Di contro esiste una Chiesa con le porte aperte:
“Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita
per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la
comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”.
Bisogna abbandonare il “comodo criterio pastorale del si è sempre fatto
così”. Bisogna rinunciare a imporre una “moltitudine di dottrine” a
forza di insistere. Bisogna essere generosi e coraggio, “audaci e creativi”, armonizzando lo stile pastorale alla comunità con la quale ci si confronta.
Suor Cristina fa proprio l’invito di Francesco, o ancora prima di Pietro
(1 – 4,10): "Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio
degli altri".
Noi facciamo il tifo per lei!
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